di Antonio Lovascio · Non si arresta l’emigrazione degli italiani. E non ce ne preoccupiamo abbastanza, forse distratti dalle polemiche sugli sbarchi dall’Africa o perché concentrati sulle misure che il nuovo governo di Centrodestra sta varando per fronteggiare una crisi epocale. Quella fotografata dal Rapporto 2022 “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes è un’Italia respingente ed espulsiva anche per migliaia di connazionali meno fortunati. A migrare, per non tornare, sono soprattutto coloro su cui sarebbe naturale investire: i giovani. E tra essi molti con un alto livello di formazione: giovanissimi studenti e neolaureati che puntano a dottorati e master. Ai quali certo si aggiungono adulti che semplicemente cercano lavoro, anziani che intendono godersi la pensione in posti più soleggiati e meno tartassati dal fisco.
“Chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta, non trovando in Italia un’occupazione adeguata”: senza giri di parole e con tanta amarezza lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per invitare Governo e Parlamento a porvi rimedio..
Così non dobbiamo stupirci se l’ Italia è demograficamente in caduta libera. I numeri ci aiutano a capire. Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani all’estero) erano infatti 5.8 milioni, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti nella Penisola. Di questi, il 48% sono donne (2,8 milioni circa in valore assoluto). Ma mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7%, che diventa il 5,8% dal 2020.
Altrettanto chiaro l’identikit di chi è espatriato nel 2021 disegnato dalla “Fondazione Migrantes”: prevalentemente maschio (il 54,7% del totale) e sotto i 35 anni (il 41,6%). Se il Covid da un lato ha rallentato le partenze per il blocco dei confini, dall’altra la pandemia sociale ha spinto oltrefrontiera un numero elevato di giovani in cerca di lavoro e prospettive che non siamo in grado di creare ed offrire.
Insomma, dal 2006 al 2022, secondo gli esperti coordinati da Delfina Licata, la mobilità italiana è cresciuta dell’87% in generale, del 94,8% quella femminile, del 75,4% quella dei minori e del 44,6% quella per la sola motivazione “espatrio”. Una emigrazione in crescita per la stagnazione economica e per l’immobilità del cosiddetto “ascensore sociale”, il processo che consente e agevola il cambiamento di stato sociale e l’integrazione tra i diversi strati che formano la comunità. Spesso chi parte non ritorna più, perché le discriminazioni anagrafiche, territoriali e di genere verso i nati dagli anni ‘80 in su sono pressoché insormontabili.
Da dove partono gli emigrati? Il 47% dal Mezzogiorno, il 37% dal Nord Italia, il 16% dal Centro. Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia nel 2021 è andato in Europa, il 14,7% in America, più dettagliatamente latina (61,4%), e il restante 6,7% si è diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania.
In generale il 54,9%, quasi 3,2 milioni, vive in Europa, il 40% (oltre 2,3 milioni) in America, centro-meridionale soprattutto (più di 1,8 milioni). Le comunità italiane all’estero più numerose sono, ad oggi, quella argentina (903mila italiani), tedesca (813.650), la svizzera (648.320), la brasiliana (527.900) e la francese (457.138). La Lombardia, con un quinto del totale, e il Veneto (l’11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono Sicilia (9,3%), Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%). Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal sud al settentrione e poi oltreconfine.
Il rapporto della Fondazione Migrantes evidenzia infine come quella di oggi sia una Italia interculturale, in cui l’8,8% dei cittadini regolarmente residenti sono stranieri (in valore assoluto quasi 5,2 milioni), mentre il 9,8% dei cittadini italiani risiedono all’estero (oltre 5,8 milioni). E con il supporto della statistica, spiega come negli ultimi difficili anni di limitazione negli spostamenti a causa della pandemia, di recessione economica e sociale, di permanenza di una legge nazionale per l’immigrazione sorda alle necessità del tessuto lavorativo e sociodemografico, la comunità dei cittadini italiani ufficialmente iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) ha superato la popolazione di stranieri regolarmente residenti sul territorio nazionale.
Abbiamo una storia antica di emigrazione. Una storia di sofferenze e di speranze. Una storia di riscatto sociale, di straordinarie affermazioni personali e collettive, ma anche di marginalità patite e di lacerazioni. Oggi il fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto al passato. Riguarda fasce d’età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze.