di Stefano Tarocchi · Quando un lettore attento dei Vangeli si pone davanti ad un testo non trova semplicemente ciò che lo scrittore sacro ha scritto, ma tutto quello che è alla base della sua narrazione. Un lettore attento è colui che non si contenta di ciò che ascolta in un’omelia magari preparata in fretta, ma cerca di capire meglio come quel testimone che è l’autore sacro lo coinvolge nella sua narrazione. È in questo modo che il racconto diventa testimonianza di colui che è l’oggetto reale del Vangelo: Gesù Cristo.
Abbiamo visto recentemente come l’evangelista Luca ricostruisca nella sua narrazione gli eventi che portano all’insegnamento del Padre nostro. Oggi vogliamo brevemente descrivere come lo stesso autore abbia ricreato davanti ai suoi lettori la narrazione del battesimo di Gesù, e anche delle parole del Battista.
Qualcosa di altrettanto originale accade anche nel Vangelo secondo Giovanni, che introduce la predicazione del Battista subito dopo il celebre prologo (Gv 1,1-18). Ma di questo parleremo una prossima volta.
Veniamo al testo del Vangelo.
È così che leggiamo: «nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!» (Lc 3,1-6).
Il racconto di Luca comincia con una premessa, dove i nomi di personaggi storici importanti, a cominciare dall’imperartore fino ai sommi sacerdoti del tempo, e a tutto il sottobosco del potere, conducono a Giovanni e alla parola divina che gli ha aperto la missione di precursore. Si va dal potere umano, sempre in procinto di crollare nonostante la sua apparente forza, fino all’uomo Giovanni Battista, per sé un nulla di fronte al potere. Ma la storia da raccontare comincia da qui.
E qui il Vangelo inserisce la predicazione di Giovanni rivolta alle folle che vanno da lui per ricevere il battesimo.
Giovanni non parla con un linguaggio morbido e persuasivo, per assecondare quanti vuole trascinare dalla sua parte, come fanno i potenti di oggi per guadagnare consensi.
Giovanni parla con il suo linguaggio scomodo: «diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò, ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco». Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3,7-14).
Il Battista, pur avendone l’occasione, non desidera conquistare consensi a scapito dello stesso Gesù: «poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile» (Lc 3,15-17).
È a questo punto che l’evangelista prende per mano il lettore per introdurre il battesimo di Gesù, ma sottolineando la sorte che attende il Battista il precursore: «con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Ma il tetrarca Erode, rimproverato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso, aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione (Lc 3,18-20).
L’esperienza umana del Battista si conclude in quella prigione che sfocia nella sua decapitazione, quasi a dire che chi ha operato per introdurre Cristo deve scomparire a suo vantaggio.
Solo adesso il terzo Evangelista descrive il battesimo di Gesù: «mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba» (Lc 3,21-22).
Non c’è una ragione plausibile per accennare alla morte del Battista esattamente prima che avvenga il battesimo di Gesù. Anche nel Vangelo secondo Marco troviamo un cenno fugace, e tuttavia estremamente significativo, alla morte del Battista nel momento in cui inizia la missione pubblica del Cristo: «dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio» (Mc 1,14). L’autore anche quest’ultimo Vangelo sembra dirci che non c’è altra storia per i testimoni del Cristo, se non anticiparne la stessa sorte.
Ma perché Luca sembra separare la predicazione del Battista dal battesimo di Gesù, che infatti viene rammentato quasi fra parentesi, e di fatto tacendo che è il Battista a compiere il gesto in cui Gesù condivide il «battesimo di conversione per la remissione dei peccati» (Mc 1,4)?
Intanto, secondo il suo stile narrativo, l’evangelista porta il lettore dentro il personaggio raccontato, ma possiamo anche aggiungere che all’epoca nella quale nasce questo Vangelo si avvertiva come “scomodo” il fatto che Gesù avesse voluto condividere la sorte degli uomini fino in fondo.
Luca desidera perciò mettere in luce la coerenza del Battista con la sua missione: non è necessario dire che è lui a battezzare Gesù – cosa che nessuno dimentica – ma è importante dire che quelle parole scomode che Giovanni rivolge a chi lo ascolta, egli le ha vissute fino in fondo.
Una coerenza rara quanto preziosa anche per l’oggi della comunità umana e cristiana.