di Giovanni Campanella • In occasione della scorsa Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, l’Arcivescovo Peter Chung, Arcivescovo di Seoul (capitale della Corea del Sud) e Amministratore Apostolico di Pyongyang (capitale della Corea del Nord), ha auspicato che arrivi presto il giorno di completa pace e unità fra le due Coree. Mons. Chung ha parlato di unità anche in senso più generico, relativamente al riattirare coloro che si sono allontanati dalle liturgie a causa della pandemia.
In Corea, il 15 agosto coincide anche con il “Gwangbokjeol”
«che letteralmente si traduce con “festa del riportare la luce”. L’espressione è una combinazione di tre lettere, “Gwang”, “Bok” e “Jeol” che significano “luce”, “ritorno” e “giorno di festa”, riferendosi al ripristino della indipendenza nazionale che era stata negata per 35 anni, sotto il dominio giapponese. La Chiesa coreana coglie l’occasione di queste importanti ricorrenze per organizzare ogni anno il “Pellegrinaggio Mondiale dei Giovani per la Pace” che giunge fino alla “Zona demilitarizzata”, la fascia di territorio al confine tra Corea del nord e Corea del Sud. Al pellegrinaggio sono invitati a partecipare i giovani di tutto il mondo, che riflettono, pregano, si confrontano sul tema “Vento di Pace”. Il pellegrinaggio è un evento di educazione alla pace per i giovani, organizzato dal Comitato per la Riconciliazione del Popolo Coreano, nella Chiesa di Seoul» (vedi).
Ritornando sul concetto di unità, ricordiamo che la Chiesa Cattolica, in effetti, considera la Corea come un unico paese; infatti esiste una sola conferenza episcopale coreana.
La storia della Chiesa in Corea è molto recente ma è anche molto singolare, forse un unicum all’interno della storia della Chiesa universale: si può dire quasi che nella penisola coreana il cristianesimo sia nato “da sé” senza la spinta iniziale di comunità fondate all’interno da soggetti esterni. Sembra infatti che il cristianesimo si sia diffuso ad opera di eruditi locali che studiarono testi biblici in cinese. Poi, alla fine del XVIII secolo, uno di loro andò a Pechino, in Cina, a farsi battezzare. Successivamente tornò in patria e battezzò gli altri membri del suo gruppo.
Nella sua pur breve storia, la Chiesa coreana dovette subire numerose e continue persecuzioni nell’Ottocento e nel Novecento. Inoltre, dopo che i giapponesi lasciarono la penisola alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il regime comunista nordcoreano ha distrutto tutti i monasteri e le chiese e arrestato e condannato a morte tantissimi cristiani.
Una ONG internazionale chiamata “Open Doors”, che da oltre 60 anni è impegnata nella ricerca sul campo di cause e soluzioni alla persecuzione, fornendo supporto materiale, aiuti di emergenza, letteratura, formazione e assistenza ai cristiani perseguitati a causa della loro fede, redige ogni anno una lista, la World Watch List, che indica i paesi dove le sofferenze subite dai cristiani sono maggiori. Nel sito italiano della ONG, in un articolo del 30 agosto 2022, si legge:
«Il fatto che la Corea del Nord non sia più al primo posto nella nostra World Watch List, il report annuale sulla persecuzione dei cristiani nel mondo, superata quest’anno dall’Afghanistan dopo più di 20 anni di primato, non significa che la situazione per chi abita il Paese e segue Cristo sia migliorata. Gli analisti della World Watch Research, il nostro organo di ricerca, in occasione della pubblicazione del report del 2022, hanno dichiarato che “con la nuova legge sul pensiero anti-reazionario in vigore dallo scorso anno, il numero dei cristiani arrestati e quello delle chiese domestiche chiuse è aumentato, così come è cresciuto il livello di violenza”» (vedi)
Uniamoci alla preghiera delle comunità cristiane sudcoreane e alla nascosta preghiera, ma forse sotto certi aspetti più forte e pressante, dei cristiani nordcoreani sofferenti affinché davvero l’incubo in Nord Corea giunga a una fine, si affermi la pace, dono dello Spirito, e si arrivi all’unità delle Coree nell’abbraccio di tutta la Chiesa Universale e di tutti i fratelli in Cristo.