di Carlo Parenti · La magistratura in Italia sta attraversando un periodo assai difficile e le persone iniziano a dubitare della sua imparzialità e autonomia rispetto a interessi particolari o addirittura occulti, a tacere delle lentezze dei processi su cui è intervenuta una discussa riforma che si spera possa accelerarli.
Questa non è una opinione ma una certezza se addirittura il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di insediamento del 3 febbraio 2022 (vedi), ha detto, “per troppo tempo [la magistratura è] divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività”. Il Presidente ha poi ribadito l’esigenza che si giunga “con immediatezza” all’auspicata riforma, in cui dovranno superarsi “logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario”. La nuova idea di Giustizia dove, perciò, corrispondere alle attese dei cittadini, che “devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’Ordine giudiziario”, e, “neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone”.
Durissimo il capo dello Stato, nell’esprimere “grande preoccupazione” era stato già Il 21 giugno 2019 durante una assemblea straordinaria del Csm per convalidare l’elezione di due nuovi consiglieri togati, dopo le dimissioni di altri coinvolti nello scandalo Palamara: “Quel che è emerso, da un’inchiesta in corso, ha disvelato un quadro sconcertante e inaccettabile “ sottolineando come quanto avvenuto abbia “prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l’autorevolezza non soltanto di questo Consiglio ma anche dell’intero Ordine Giudiziario”
“Il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato, si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell’Ordine Giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla Magistratura”
Sui doveri nell’esercizio della giurisdizione, il 30 marzo 2022, incontrando i magistrati ordinari in tirocinio, il Presidente ha ammonito: “Per garantire l’equilibrio delle decisioni è necessario conoscere i limiti della propria funzione, senza mai cedere alla tentazione dell’autocelebrazione e della ricerca assoluta del consenso”. Il Capo dello Stato ha poi ricordato il “principio di imparzialità” che “transita necessariamente anche attraverso il rifiuto del protagonismo e dell’individualismo giudiziario”. Inoltre, “sono in contrasto con la funzione giurisdizionale accordi per favorire interessi personali: la garanzia della più alta qualità della giurisdizione è un dovere inderogabile, e costituisce il fondamento del rapporto di fiducia che il Paese deve poter nutrire nei confronti dell’amministrazione della giustizia”.
Più chiaro di così!
Sui temi dell’etica dei magistrati e sul loro ruolo il santo Padre Francesco l’8 aprile 2022 ha rivolto un discorso (vedi) ai Membri del Consiglio Superiore della Magistratura, ricevuti in udienza . Al solito questo discorso ha avuto scarsissima risonanza sui media italiani. Eccone i passi salienti.
Il Papa ha ricordato come “la Costituzione italiana affida” ai giudici “una vocazione particolare, che è un dono e un compito perché «la giustizia è amministrata in nome del popolo» (Art. 101).”
“Il popolo chiede giustizia e la giustizia ha bisogno di verità, di fiducia, di lealtà e di purezza di intenti. Nel Vangelo di Luca, al capitolo 18, si racconta che una povera vedova si recava ogni giorno dal giudice della sua città e lo pregava dicendo: «Fammi giustizia» (v. 3). Ascoltare ancora oggi il grido di chi non ha voce e subisce un’ingiustizia vi aiuta a trasformare il potere ricevuto dall’Ordinamento in servizio a favore della dignità della persona umana e del bene comune”.
“…Secondo la Bibbia occorre anche –in più all’imparzialità -amministrare con misericordia. Ma nessuna riforma politica della giustizia può cambiare la vita di chi la amministra, se prima non si sceglie davanti alla propria coscienza per ‘chi’, ‘come’ e ‘perché‘ fare giustizia. È una decisione della propria coscienza. Così insegnava Santa Caterina da Siena, quando sosteneva che per riformare occorre prima riformare sé stessi.”
“…la cultura della giustizia riparativa è l’unico e vero antidoto alla vendetta e all’oblio, perché guarda alla ricomposizione dei legami spezzati e permette la bonifica della terra sporcata dal sangue del fratello (cfr n. 252). Questa è la strada che, sulla scia della dottrina sociale della Chiesa, ho voluto indicare nell’Enciclica Fratelli tutti, come condizione per la fraternità e l’amicizia sociale.”
“…la domanda storica sul “come” si amministra la giustizia passa sempre dalle riforme. Il Vangelo di Giovanni, al cap. 15, ci insegna a potare i rami secchi senza però amputare l’albero della giustizia, per contrastare così le lotte di potere, i clientelismi, le varie forme di corruzione, la negligenza e le ingiuste posizioni di rendita. Questa problematica, queste situazioni brutte voi le conoscete bene, e tante volte dovete lottare fortemente perché non crescano”.
“… Dal racconto biblico non emerge un’idea astratta di giustizia, ma un’esperienza concreta di uomo “giusto”. Il processo a Gesù è emblematico: il popolo chiede di condannare il giusto e di liberare il malfattore. Pilato si domanda: “Ma che cosa ha fatto di male costui?”, poi però se ne lava le mani. Quando si alleano i grandi poteri per auto-conservarsi, il giusto paga per tutti.”
“Sono la credibilità della testimonianza, l’amore per la giustizia, l’autorevolezza, l’indipendenza dagli altri poteri costituiti e un leale pluralismo di posizioni gli antidoti per non far prevalere le influenze politiche, le inefficienze e le varie disonestà. Governare la Magistratura secondo virtù significa ritornare a essere presidio e sintesi alta dell’esercizio al quale siete stati chiamati.”
Il Pontefice ha infine ricordato il sacrificio di Rosario Livatino (si veda in questa rivista)
“Il Beato Rosario Livatino, il primo magistrato Beato nella storia della Chiesa, vi sia di aiuto e di conforto…Nella dialettica tra rigore e coerenza da un lato, e umanità dall’altro – ha commentato -, Livatino aveva delineato la sua idea di servizio nella Magistratura pensando a donne e uomini capaci di camminare con la storia e nella società, all’interno della quale non soltanto i giudici, ma tutti gli agenti del patto sociale sono chiamati a svolgere la propria opera secondo giustizia“.
“Quando moriremo – sono le parole di Livatino -, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili. Livatino è stato assassinato a soli trentotto anni, lasciandoci la forza della sua testimonianza credibile, ma anche la chiarezza di un’idea di Magistratura a cui tendere“.
Questo il monito finale ai giudici: “La giustizia deve sempre accompagnare la ricerca della pace, la quale presuppone verità e libertà. Non si spenga in voi, illustri Signore e Signori, il senso di giustizia nutrito dalla solidarietà nei confronti di coloro che sono le vittime dell’ingiustizia, e nutrito dal desiderio di vedere realizzarsi un regno di giustizia e di pace.”