di Andrea Drigani · Tra i numerosi e immensi danni che l’invasione russa in Ucraina ha provocato e provocherà per quanto attiene agli aspetti umanitari, politici, economici, giuridici, etici, ve ne è uno in particolare sul quale desidero soffermarmi: quello della lotta fratricida tra cristiani, della divisione tra le Chiese ortodosse, delle conseguenze che ciò comporta nel cammino ecumenico.
E’ dal 2018 che il Patriarcato di Mosca ed il Patriarcato di Costantinopoli si sono reciprocamente scomunicati proprio per l’«autocefalia» concessa da Costantinopoli alla Chiesa ortodossa ucraina, che in tal modo si è distaccata da Mosca, causando, da parte di quest’ultima, una dura reazione perché si sarebbe violato il territorio canonico patriarcale moscovita.
L’«autocefalia» indica che le Chiese ortodosse, pur rimenando in una comunione dottrinale e spirituale tra di loro e col Patriarcato di Costantinopoli, si governano da sole in piena indipendenza, senza la benchè minima ingerenza da parte delle altre Chiese. L’«autocefalia» si differenzia profondamente dall’autonomia che nella Chiesa cattolica hanno le chiese particolari, perchè tale autonomia è delimitata dal diritto comune della Chiesa universale (vedi) e dal primato del Romano Pontefice.
L’«autocefalia» viene riconosciuta dal Patriarca di Costantinopoli (ritenuto da tutte le Chiese ortodosse come primo in dignità, ma senza autorità su di esse) in considerazione dell’esistenza di uno Stato nazionale all’interno del quale vi è una Chiesa ortodossa. Siamo in presenza dell’antico cesaro-papismo che dalla dimensione imperiale bizantina si frantuma in quelle nazionali.
Il concetto di territorio canonico è, per le Chiese ortodosse, connesso al quello di territorio politico, con tutte le questioni che possono sorgere e che diviene pressochè impossibile dirimere. Nella Chiesa cattolica le delimitazioni territoriali delle Chiese particolari, sia quelle di rito latino che dei riti orientali, vengono determinate e decise dal Romano Pontefice.
Le Chiese ortodosse rischiano di divenire delle Chiese di Stato, col pericolo di far saltare la distinzione evangelica tra Dio e Cesare (che in russo si dice Czar). Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill si è dichiarato in sintonia con la decisione del Presidente Putin di invadere l’Ucraina, in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani.
L’aggressione all’Ucraina da parte delle forze armate russe, ha causato, tra l’altro, una gravissima frattura all’interno dell’Ortodossia, poiché è una guerra tra due Stati cristiani, che dovrebbero trovare la loro identità nel messaggio di Cristo. Ma questa guerra, tremenda e inumana, che non si quando finirà e come finirà, cagionerà, com’è prevedibile, notevoli guasti al movimento per l’Unità dei Cristiani, perché si sono create nuove e drammatiche divisioni all’interno della Cristianità.
Il Concilio Vaticano II, nel Decreto «Unitatis redintegratio» al n. 2, e) afferma: «Così la Chiesa, unico gregge di Cristo, quale vessillo levato tra i popoli, porgendo a tutto il genere umano il Vangelo della pace, compie nella speranza il suo pellegrinaggio alla meta della patria celeste”.
L’impegno e la preghiera di Papa Francesco per la pace, in continuità coi i suoi predecessori (di nuovo voglio ricordare la frase di Pio XII pronunciata nel 1939: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra») spinge anche i cristiani alla preghiera, rinnovando il nostro affidamento al Cuore Immacolato di Maria.