di Antonio Lovascio · La pandemia ha drammaticamente rivelato la realtà di un continuo disprezzo, in termini di etica e giustizia, nei confronti degli altri. Lo ha denunciato con forza Papa Francesco e il suo Magistero non perde occasione per evidenziare le profonde disuguaglianze – ora addirittura amplificate – che infettano le nostre società, nelle quali troppi sono restii a fidarsi della ricerca scientifica. Dall’apparizione di un virus proveniente dal mondo animale, le nostre comunità hanno sofferto il grande aumento della disoccupazione, della povertà, della fame e dell’esclusione dall’assistenza sanitaria indispensabile. Fenomeni di quest’epoca scientificamente dimostrati. Ben delineati dal Rapporto 2022 pubblicato nei giorni scorsi dall’Eurispes. Il suo segretario generale Marco Ricceri, esperto di politiche sociali e del lavoro, lo ha realizzato con i suoi collaboratori dopo un confronto con accademici e studiosi di Danimarca, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica Popolare Cinese, Russia, Spagna, Stati Uniti, Turchia.
Le conclusioni di questo studio ? La crisi sta colpendo tutti, ma non tutti allo stesso modo. Mentre le famiglie più povere in particolare sopportano il peso maggiore e spesso subiscono anche notevoli perdite finanziarie, molte persone ricche sono in grado di incrementare il loro patrimonio nonostante o proprio a causa del virus. Ciò rende l’emergenza Covid un vetro ardente per la disuguaglianza economica. Mentre molti temono per il proprio lavoro o devono sbarcare il lunario con molto meno risorse a causa dell’orario ridotto, altri continuano a vivere in grande ricchezza. Inoltre la disuguaglianza non si manifesta solo nella crescente divergenza di reddito e ricchezza, ma anche nelle diverse possibilità di accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, a situazioni abitative adeguate, tutti elementi che a loro volta aumentano decisamente i fattori di contagio.
Una interpretazione plausibile del neoliberismo è che esso sia un sistema orientato a produrre in successione nuove crisi, con le quali si generano e sviluppano progressivamente nella società situazioni di insicurezza e vulnerabilità. In questo orientamento, dicono gli esperti, rientra l’evocazione a minacce potenziali o reali, che poi creano paure esistenziali e, di conseguenza, rendono necessaria l’organizzazione di particolari forme di gestione e controllo di tali crisi. In Europa la lotta al Coronavirus ha finito per assumere anche questa nuova dimensione: sia le opportune misure restrittive contro la pandemia che la crescita della mortalità hanno indotto a ricostruire e ristrutturare le modalità dell’intera vita quotidiana di ognuno di noi. Poco si è riflettuto però – non solo in Italia – sul fenomeno della precarietà diffusa, che fa riferimento ad uno spazio sociale fondato sull’ignoranza del volto dell’Altro e su una banalità del male in cui la superficialità e l’irresponsabilità dei singoli comportamenti, spesso alimentati da fake news, sono gli atti trainanti. La precarietà sociale che prospera in questo periodo storico – sostiene in sostanza il Rapporto Eurispes – è una nuova manifestazione della banalità del male che corre al di sotto dei radar sociali della critica e della preoccupazione.
Detto questo, alla luce dei profondi e complessi cambiamenti che la crisi pandemica ha generato – nei modi di pensare, nei sistemi di relazioni, nelle condizioni e prospettive di vita – urge definire un sistema integrato di politiche pubbliche e azioni private finalizzato alla organizzazione di un nuovo ordine fondato sull‘ inclusione e coesione sociale e una effettiva promozione umana.
Allora, ritorniamo alle parole di Papa Francesco, quando afferma: “è l’economia malata che uccide”. E parlando ai giovani indica l’orizzonte verso cui tutto il mondo dovrebbe muoversi: << La qualità dello sviluppo dei popoli e della Terra dipende soprattutto dai beni comuni. Per questo dobbiamo cercare nuove vie per rigenerare l’economia nell’epoca post-Covid-19 in modo che questa sia più giusta, sostenibile e solidale, cioè più comune. Abbiamo bisogno di processi più circolari, di produrre e non sprecare le risorse della nostra Terra, modi più equi per vendere e distribuire i beni e comportamenti più responsabili quando consumiamo. C’è anche bisogno di un nuovo paradigma integrale, capace di formare le nuove generazioni di economisti e di imprenditori, nel rispetto della nostra interconnessione con la Terra>>.
Così Bergoglio esorta tutti noi ad entrare dentro le ferite della storia, per risorgere.