La ripartenza dell’Università. Il ritorno alla normalità è una grande e pia illusione?

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La riforma della Giustizia, tra qualche luce e molte ombre.

di Gaetano Mercuri · Lo scorso 19 ottobre si è concluso l’iter parlamentare della legge delega sulla riforma del sistema di giustizia penale proposta dal ministro Marta Cartabia.

La delega al governo per l’assunzione dei provvedimenti legislativi in merito presenta termini ben chiari e tassativi della durata di un solo anno.

Di una riforma della giustizia penale in Italia si sente il bisogno da decenni. Il sistema è notorio quanto faccia acqua da tutte le parti. Ma ci voleva un’emergenza delle tragiche proporzioni del Covid 19, per riaccendervi sopra i fari e accelerare i tempi della discussione.

Tra le richieste dell’U.E. da soddisfare e ottenere in cambio i fondi per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, forse la più importante e invasiva è quella che obbliga il nostro Paese a tagliare di almeno il 25% la durata media dei processi siano essi civili o penali.

Le polemiche si sono concentrate in particolare sulle novità che verranno introdotte riguardo quest’ultimi. Si comprende bene il perché, vista l’incidenza maggiore sui diritti e le libertà, almeno dal punto di vista di percezione del cittadino medio.

Non è immaginabile in queste poche righe affrontare una riforma così complessa come quella proposta dal ministro Cartabia. Ciascun singolo punto di essa richiederebbe ben più di un articolo.

Tuttavia, è possibile fare qui qualche breve riflessione sistematica a mo’ d’introduzione al testo, tenendo ben presente che quanto qui detto si basa sulla legge delega approvata negli scorsi giorni dal senato, che comunque dà al governo ampi spazi di manovra. Gli interventi potrebbero alla fine essere almeno in parte ben diversi da quel che ad ora ci si aspetta.

Una delle novità positive e fondamentali è l’introduzione del c.d. «processo telematico», una serie di norme tese a favorire la veloce soluzione dei procedimenti grazie all’estensione dell’uso delle migliori risorse tecnologiche a disposizione.

La riforma punta poi all’istituzione di un «ufficio del processo» i cui dipendenti, preparati e selezionati per via concorsuale, affiancheranno i magistrati proprio per accelerare i tempi di risoluzione delle controversie e di decisione.

Negli ultimi mesi però le critiche di parte della magistratura più attiva nel contrasto alla criminalità organizzata ha però denunciato che un’altra novità introdotta dalla riforma, l’improcedibilità dei processi qualora le indagini non rispettino determinati e molto stringenti termini di tempo a compenso del mantenimento del blocco della prescrizione qualsiasi sia l’esito del processo penale, sia nient’altro che una vera e propria tagliola su oltre il 50% dei procedimenti pendenti di fronte alle corti d’appello.

Timore che a chi scrive, che da sempre sostiene che la vera, unica soluzione sia invece, innanzitutto la messa a disposizione di risorse in particolare per l’aumento dei posti in organico della magistratura, appare ben fondato. L’ufficio del processo non appare essere altro che una foglia di fico che ben poco per di più riuscirà a coprire.

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