di Leonardo Salutati • La società mondiale e l’opinione pubblica è oggi legittimamente dominata dalla preoccupazione della pandemia da Covid-19 che mette a rischio la vita di tanti uomini e donne nel mondo. Tuttavia l’opinione pubblica non dovrebbe trascurare altre situazioni che ugualmente costituiscono una minaccia alla sicurezza mondiale.
Tra queste vi è indubbiamente quella del possesso di armi nucleari e la collegata teoria della deterrenza nucleare. Tale teoria si basa sulla convinzione che la migliore difesa contro la minaccia di un attacco nucleare sia un’altra attendibile minaccia di rappresaglia. Su questo presupposto si fonda la legittimità morale del “possesso” di armi nucleari, il cui “uso” è comunque inequivocabilmente condannato dal Concilio Vaticano II (GS 80), in vista del mantenimento di una situazione di assenza di guerra (tra superpotenze) e di un equilibrio nucleare stabile basato sul principio del No First Strike(Non sferrare il primo colpo).
Tuttavia il mondo è oggi profondamente cambiato rispetto all’epoca della Guerra fredda tra USA e URSS e il relativo equilibrio degli anni ’80 del secolo scorso, incentrato sulle due superpotenze, è stato sostituito da un mondo multipolare instabile. Il numero delle potenze nucleari è salito a nove e quattro di esse (Israele, India, Pakistan e Corea del Nord) non fanno parte del Trattato di non proliferazione, che comunque è stato per lo più disatteso dagli Stati firmatari (USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) riguardo all’impegno sul disarmo secondo l’articolo VI dello stesso Trattato.
La minaccia di una guerra nucleare è aumentata, come anche il rischio che Stati non nucleari vengano fatti oggetto di intimidazioni e di soprusi da parte di quelli dotati di armi nucleari, senza considerare il pericolo costituito dalle reti terroristiche globali (D. Christiansen, 2020).
Nonostante tale evidente cambiamento della situazione geopolitica, non è però cambiata l’opinione di analisti militari, politici e diplomatici che continuano a guardare alla strategia della deterrenza come a un dogma della sicurezza nazionale, anche se l’orientamento dei negoziatori del controllo degli armamenti, susseguitisi nel tempo, si basa sulla convinzione che l’attenersi rigorosamente alla strategia della deterrenza al fine di scoraggiare un eventuale attacco nucleare, probabilmente non sia mai stato un presupposto politico attendibile. Vi è infatti tutta una serie di Rapporti del Pentagono dai quali emerge che l’uso delle armi nucleari sia stato spesso preso in considerazione come risposta a minacce non nucleari (ivi).
È evidente che la complessità degli attuali contesti geostrategici aumenta le ragioni non soltanto per un allarme diffuso, ma anche per quella condanna morale della deterrenza nucleare che papa Francesco, facendo eco a precedenti prese di posizione, della Santa Sede e sue, ha ribadito in occasione del suo discorso al Memoriale della Pace di Hiroshima del novembre 2019, quando ha rinnovato l’invito ad archiviare decisamente la strategia della deterrenza come garante della sicurezza nazionale, precisando: «Con convinzione desidero ribadire che l’uso (…) dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati su questo». Ovvero, rispetto a quanto insegnato dal Concilio Vaticano II, che lasciava aperta la questione della legittimità morale del possesso di armi atomiche sulla base della deterrenza, Papa Francesco ha dichiarato le due componenti principali della strategia della deterrenza, il possesso di armi atomiche e la minaccia di usarle, come decisamente immorali.
Se ce ne fosse bisogno, si può registrare come tutti i cambiamenti intervenuti nel quadro geostrategico hanno condotto, anche al di fuori della Chiesa Cattolica, al sorgere di una nuova considerazione riguardo al possesso delle armi nucleari e a un ridimensionamento dell’accettazione morale della strategia della deterrenza.
La decisa presa di posizione di Papa Francesco trova infatti autorevole riscontro nella Nuclear Threat Initiative (NTI), nata dalla proposta di vari politici americani di lungo corso, tra cui ex segretari di Stato, quali George P. Shultz, Henry Kissinger, William Perry, che a partire dal 2005 ha creato uno schieramento politico a favore dell’abolizione degli armamenti nucleari sulla base della considerazione che, nell’attuale contesto geostrategico, la strategia della deterrenza nucleare non è più in grado di garantire la sicurezza e la stabilità internazionali. Ad oggi i due terzi degli ex segretari di Stato e della difesa e dei consiglieri per la sicurezza nazionale degli Usa hanno sottoscritto la NTI, dimostrando che la proposta di Nuclear Zero è un obiettivo politico auspicabile e realistico, condiviso da gran parte dell’establishment nucleare degli Stati Uniti e non una politica per sprovveduti dilettanti.
A distanza di più di 55 anni dall’invito del Concilio Vaticano II «a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova» (GS 80), in quanto «la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell’umanità» (GS 81), qualcosa si sta lentamente muovendo nella società umana, dove è sempre più necessario che la Chiesa ne sia come il fermento e l’anima (GS 40).