Una riflessione sempre attuale a ventisei anni dalla pubblicazione: Antonio Napolioni, Grandi come bambini.
di Gianni Cioli · «In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi, dunque, è il più grande nel regno dei cieli?”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perché chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”» (Mt 18, 1-5). Questo passo del discorso ecclesiastico del Vangelo di Matteo può mettere in evidenza l’intento del libro di Napolioni: porre il bambino al centro, costituirlo come “luogo teologico” per la riflessione della Chiesa e come soggetto per la sua prassi. La comunità cristiana che questo saggio auspica è quella sempre più capace di accogliere i bambini per poter essere sempre più profondamente fedele alle esigenze del regno. Tale comunità può definirsi in conversione perché costituita da soggetti che, sviluppando la virtù dell’accoglienza nei confronti dei più piccoli, diventano capaci di comprendere il significato della radicalità evangelica e di viverla nell’abbandono fiducioso e fecondo alla volontà del Padre.
Lo studio di Napolioni si sviluppa nella tensione, chiaramente presente nel testo evangelico, fra la considerazione del bambino come soggetto reale e come simbolo, e intende «correlare adeguatamente queste dimensioni, spesso confuse o misconosciute» (p. 10).
Il libro si autodefinisce come un saggio di teologia pastorale dell’infanzia e si articola in tre parti.
La prima parte, intitolata “condizione e valore dell’infanzia tra emergenza e profezia” e definita prospettiva «kairologica», attingendo a studi di storia dell’infanzia, a studi pedagogici e a documenti pubblici, nazionali e internazionali, intende evidenziare, in qualche modo, i segni dei tempi relativi alla condizione dei bambini, ovvero «riconoscere le principali provocazioni che dalla realtà si volgono verso la comunità sociale ed ecclesiale, mettendo in evidenza alcune peculiari sfide pastorali del presente e degli anni a venire» (p. 18).
La seconda parte, intitolata “dalla parola di Dio alla «teologia dell’infanzia»” e definita prospettiva «criteriologica», offre in tre successivi capitoli, un’ampia raccolta di riferimenti tratti dalla sacra scrittura, dalla riflessione patristica e dalla produzione più significativa della teologia contemporanea sul tema dell’infanzia. L’intento di questi capitoli è quello di fornire i criteri per un’adeguata nuova prassi pastorale. Tali criteri possono essere sintetizzati nell’affermazione programmatica: «“grandi come i bambini, grandi per i bambini”, a dimostrare che i bambini possono ricondurre la Chiesa, specie quando si sente adulta, al suo fine primario» (p. 14).
La prospettiva originale del suo libro, come rilevava il Card. Tettamanzi nella presentazione, «sta nel fatto che il tema dell’infanzia non è stato accostato settorialmente, nella Bibbia, nella teologia, nella pedagogia, nella pastorale familiare o in riferimento alle diverse scuole di spiritualità. Piuttosto, si è cercato di condurre una ricerca unitaria, che collega le diverse prospettive in vista di una proposta organica di rinnovamento della prassi adulta ed educativa» (p. 8).
Per la vastità della documentazione offerta in tutte le sue parti e per l’ampiezza dei riferimenti bibliografici, lo studio di Napolioni costituisce una sorta di piccola miniera a cui possonno attingere con frutto i teologi, i pastoralisti, gli operatori pastorali e tutti coloro che in qualche modo possono essere interessati al mondo dei bambini.