Notre Dame e Compiègne, memoria di due luoghi attraversati dalla «ragione illuminata»

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di Francesco Romano · La riapertura della Cattedrale di Notre Dame a Parigi e la canonizzazione delle carmelitane scalze martiri di Compiègne, avvenute lo scorso anno a breve distanza, rispettivamente il 7 e il 17 dicembre, riportano alla memoria luoghi e momenti comuni della storia del XVIII secolo.

Le carmelitane di Compiègne furono beatificate da San Pio X il 27 maggio 1906, quali martiri uccise in odium fidei il 17 luglio 1794 dopo essere comparse davanti al Tribunale della Rivoluzione che le condannava con l’accusa di fanatismo per il loro attaccamento a “credenze puerili” e “sciocche pratiche di religione”.

Nel luglio del 1793 in Francia veniva instaurato il regime del Terrore. L’Assemblea Nazionale Costituente ispirandosi alla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino, emanata a Versailles il 26 agosto 1789, arrivò a proibire il 13 febbraio 1790 di emettere i voti religiosi in nome della libertà individuale e a sopprimere gli Ordini religiosi a cominciare da quelli contemplativi deducendo che non può ritenersi libera una persona che si rinchiude in convento vincolandosi con dei voti senza esserne stata costretta. Per questo è compito della ragione, cioè la Nazione, restituire la libertà sopprimendo sia i voti che gli Ordini.

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino è un testo giuridico elaborato nel corso della Rivoluzione Francese contenente una solenne elencazione di diritti fondamentali dei cittadini francesi e degli esseri umani, diviso in un preambolo e 17 articoli.

Dopo il successo della Rivoluzione Francese, l’Assemblea Nazionale Costituente decise di assegnare a una speciale commissione di cinque membri il compito di stilare una carta costituzionale che si basasse sui principi illuministi di Montesquieu, Rousseau e Voltaire e alla costituzione dei neonati Stati Uniti d’America, da inserire nella futura costituzione, nell’ottica del passaggio dalla monarchia assoluta dell’Ancien Régime a una monarchia costituzionale.

Basato sul testo scritto dal marchese De La Fayette, il progetto della Dichiarazione venne discusso in Assemblea dal 20 al 26 agosto 1789. Nella redazione definitiva, sotto pressione dell’Assemblea, il testo fu ratificato dal re Luigi XVI il seguente 5 ottobre dopo la marcia su Versailles e servì da preambolo alla prima Costituzione del 1791.

Sei settimane dopo la presa della Bastiglia e sole tre settimane dopo l’abolizione del feudalesimo, la Dichiarazione attuò uno sconvolgimento radicale della società come mai era avvenuto nei secoli precedenti. Sono eloquenti e significativi questi primi articoli:

1. Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune.

2. Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che da essa non emani espressamente.

4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri; così l’esistenza dei diritti naturali di ciascun uomo non ha altri limiti che quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Questi limiti non possono essere determinati che dalla Legge.

Ancora oggi la Dichiarazione è una legge di rango costituzionale della Repubblica Francese.

Le priore di tre monasteri carmelitani, a nome di tutti gli altri, inviarono all’Assemblea Nazionale questo messaggio: “Alla base dei nostri voti c’è la libertà più grande; nelle nostre case regna la più perfetta uguaglianza; noi qui non conosciamo né ricchi, né nobili. Nel mondo si ama dire che i monasteri rinchiudono vittime consumate lentamente dai rimorsi, ma noi confessiamo davanti a Dio che, se c’è sulla terra la felicità, noi siamo felici”.

I paladini della “ragione illuminata” inviarono ufficiali municipali a battere alle porte dei monasteri per offrirsi come liberatori. Nel monastero di Compiègne si trovavano 16 religiose tra cui una giovane novizia alla quale era stata impedito di prendere i voti da quel decreto che “non riconosceva più né voti religiosi né alcun altro arruolamento che sia contrario ai diritti naturali”. Le guardie, violando la clausura, si insediarono nella sala capitolare, alle due porte furono messe quattro guardie. Altre guardie furono schierate, una alla porta di ogni cella, per impedire che le suore potessero comunicare tra loro, e soprattutto che avessero contatti con la Priora; anche le altre porte dei chiostri furono presidiate.

Il monastero di Compiègne non assecondò lo scioglimento coatto e di conseguenza subì l’occupazione delle guardie che presentandosi come liberatori chiesero a ciascuna monaca di abbandonare il convento e tornare in famiglia, ma tutte le monache confermarono la loro volontà di continuare a vivere in clausura.

Tutte si offrirono al Signore in sacrificio affinché la Chiesa e lo Stato ritrovassero la pace. Il loro atto di consacrazione divenne offerta quotidiana fino al giorno del martirio. Nel settembre del 1792 le suore, cacciate dal monastero, separate e vestite con abiti civili, continuarono la loro vita di preghiera e penitenza in varie parti di Compiègne, benché divise in quattro gruppi, ma unite dalla corrispondenza sotto la direzione della priora. Scoperte e denunciate, il 24 giugno 1794 vennero trasferite a Parigi e rinchiuse nel carcere della Conciergerie, dove già si trovavano molti sacerdoti e religiosi condannati a morte. Anche in prigione le carmelitane si resero esemplari per la tranquillità e la serena fiducia in Dio.

L’esecuzione avvenne 17 luglio 1794, lo stesso giorno in cui il Tribunale della Rivoluzione aveva emesso la condanna. Le teste e i corpi delle monache giustiziate furono gettati in una fossa comune nel cimitero di Picpus insieme ai corpi di altre 1298 vittime della Rivoluzione.

In tutti i monasteri di Francia, che contavano allora circa millenovecento religiose, le defezioni furono pochissime. La ragione illuminata in nome di una uguaglianza razionalmente intesa cominciò a volere ridisegnare la struttura stessa della Chiesa. Anzitutto si pensò di dare una “costituzione civile” al clero: obbligare i preti a prestare il giuramento di fedeltà alla Nazione; demandare alle Assemblee dipartimentali le elezioni dei preti e dei vescovi; ridurre le diocesi a strutture amministrative; proibire i segni religiosi distintivi. Chi non accettava la serie delle disposizioni poteva essere condannato alla deportazione o a morte come “refrattario”: refrattario a lasciarsi rendere uguale in un campo in cui Cristo aveva previsto per chi sceglieva di seguirlo qualche “diseguaglianza”. Il processo di “liberazione” mirava a spingersi fino a sciogliere la ragione da tutte le indebite pastoie e farla trionfare su tutti i cosiddetti “fanatismi”: dogmi, miracoli, credenze nell’aldilà e simili. Questa “libertà” e questa “uguaglianza” non potevano essere accettate da questi cristiani testimoni delle fede. Per loro ci fu il Terrore perché non potevano beneficiare dell’appartenenza alla categoria della “fraternité. Nel solo mese di settembre 1792 si conteranno circa 1600 vittime in un massacro durato tre giorni.

Pochi giorni prima della canonizzazione delle carmelitane martiri di Compiègne, il 7 dicembre 2024 si è tenuta la riapertura della Cattedrale di Parigi con una celebrazione dal sapore solennemente laico, considerato lo status eccezionale di Notre Dame come simbolo nazionale e internazionale, nonostante l’evento della riapertura di una cattedrale sia soprattutto un rito liturgico, con il quale il vescovo prende o riprende possesso della sua sede, la cattedra, nella chiesa madre della sua diocesi. In quella circostanza l’arcivescovo di Parigi, Mons. Ulrich, ha visto aprirsi le porte di Notre-Dame dopo averle percosse tre volte con il suo pastorale.

Il giorno seguente, in Francia è stato possibile celebrare la solennità dell’Immacolata Concezione nella sua data prevista dal calendario liturgico, cioè l’8 dicembre, soltanto perché quest’anno la ricorrenza è avvenuta nel giorno festivo di domenica, con la partecipazione di 170 vescovi francesi e stranieri, nonché di 113 sacerdoti in rappresentanza di tutto il clero diocesano parigino, uno per parrocchia o comunità cattolica orientale.

La cerimonia liturgica di apertura che si è svolta alla vigilia dell’Immacolata ha avuto evidenti risonanze politiche e persino diplomatiche per la partecipazione del Presidente francese Emmanuel Macron. Per questo motivo erano presenti anche una cinquantina di personalità straniere, tra cui una trentina di capi di Stato e di governo, monarchi di Regno Unito, Spagna, Belgio, Lussemburgo, Monaco, Marocco, Giordania e Qatar, oltre a membri secondari di altre famiglie reali. Erano anche presenti il Presidente tedesco Frank Walter Steinmeier, il Presidente italiano Sergio Mattarella, Volodymyr Zelensky per l’Ucraina, il Presidente brasiliano Lula, ecc. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, il Presidente eletto Donald Trump ha assunto il suo primo impegno internazionale alla testa di una folta delegazione, incluso Elon Musk, il Presidente in carica è stato rappresentato dalla First Lady Jill Biden.

Con la pronuncia del suo discorso, il presidente Macron si è inscritto nella lunga tradizione che ha fatto di Notre Dame un santuario nazionale, emblematico dei legami tra lo spirituale e il temporale: sotto la monarchia francese, Notre Dame è stata teatro di celebrazioni di Te Deum della vittoria, con le sue volte coperte dagli stendardi strappati al nemico; è stata sede di alcuni matrimoni e battesimi reali e imperiali, ed è stata trasformata in tempio della Ragione durante la fase di scristianizzazione della Rivoluzione francese. Nel 1804, Notre Dame ha ospitato l’incoronazione dell’imperatore Napoleone I, questa volta alla presenza di un papa, Pio VII. Sotto la Terza Repubblica, ha ospitato i funerali religiosi dei presidenti della Repubblica francese, o almeno le funzioni solenni in loro memoria quando desideravano essere sepolti in privato, come nel caso di Charles de Gaulle e François Mitterrand. È a Notre-Dame che il generale de Gaulle si recò per ascoltare un Te Deum in onore della liberazione di Parigi il 26 agosto 1944. Forse nessun altro luogo è così strettamente associato nella memoria collettiva agli eventi della storia laica francese.

Nell’arco di dieci giorni la inaugurazione della Cattedrale di Notre Dame e la canonizzazione delle martiri di Compiègne ci hanno riportato alla mente il filo che collega questi due eventi che in modo inspiegabile hanno visto oggi coincidere il loro ricordo come a voler dare reciproca attestazione e tenere viva la memoria del contesto in cui questo e molti altri sacrifici di quel tempo si sono consumati.

L’apertura della cattedrale di Notre Dame, quale luogo della memoria, con una celebrazione incentrata su un monumento nazionale, ricorda la sua trasformazione nel tempio della Ragione quale terreno dove ha operato il Terrore e messo le radici il processo di scristianizzazione. La “Ragione illuminata” senza la fede ha generato oscurità e terrore. In essa si sono spente le ragioni di tante vite cristiane, di tanti testimoni di Cristo che con il dono della loro vita si sono fatte esse stesse luce.

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Francesco Romano

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