di Filippo Meli · «In principio era la chiesa!» Con questo assioma volutamente provocatorio e indubbiamente accattivante si apre il primo capitolo del bellissimo libro pubblicato per la prima volta nel 2011 e ristampato nel 2018 di monsignor Romano Penna. Con una frase forse altrettanto provocatoria sostengo che la sua recente scomparsa apra inevitabilmente un vuoto nel panorama degli studi paolini; non è assolutamente azzardato, infatti, sostenere che Penna sia stato uno dei più grandi esperti e studiosi della vita e degli scritti dell’Apostolo, sia a livello italiano che internazionale.
Penna è stato docente di Nuovo Testamento alla Pontificia Università Lateranense, professore invitato anche alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, alla Pontificia Università Gregoriana, al Pontificio Istituto Biblico e allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.
Come già detto, il libro “Le prime comunità cristiane” si apre con una frase volutamente provocatoria, ma che nasconde in sé una profonda verità che lo stesso autore spiega: ossia che la nostra conoscenza della fede in Gesù e la composizione stessa dei libri biblici, avviene sempre prima attraverso una comunità (una chiesa appunto). Noi non abbiamo testi o documenti diretti di Gesù di Nazareth, ma scritti che ne raccontano la vita o ne spiegano il mistero rivolti a comunità specifiche. Allo stesso modo, anche gli autori extra-cristiani (Svetonio, Tacito, Plinio il Giovane…) testimoniano e commentano le caratteristiche di queste comunità cristiane, piuttosto che direttamente la figura del Gesù storico.
Se questo dato di fatto ad una prima lettura può sembrare riduttivo o addirittura scandaloso per un certo tipo di interpretazione, in realtà porta una ricchezza enorme alla comprensione e allo sviluppo dell’interpretazione dei testi di Sacra Scrittura: comprenderne la loro natura prettamente e quasi esclusivamente, comunitaria dovrebbe cambiare in modo radicale l’approccio con cui tendiamo molte volte a commentare i testi.
Ecco allora che il testo di Penna “Le prime comunità cristiane” diventa molto prezioso per chiunque si trovi a dover approfondire un brano neotestamentario. Questo libro si propone di mettere in ordine, e ci riesce in modo estremamente chiaro e sintetico, il ricchissimo e complesso panorama di comunità e gruppi cristiani dei primi secoli. Indubbiamente non è un testo accessibile a chiunque, può risultare molto ostico per un lettore che non ha approfondito gli studi di teologia (molti passaggi sono dati per noti e non esplicati ulteriormente). Allo stesso modo non pretende di essere così arrogante da voler esaurire tutta la complessità di ogni comunità cristiana.
Penna chiarisce, ordina e fornisce al lettore (o più propriamente allo studioso) un quadro generale arricchendo di informazioni e dati gli aspetti principali di ogni comunità cristiana dei primi secoli. Si parte dai primi gruppi iniziati da Gesù stesso, le chiese giudeo-cristiane, le chiese paoline, quelle legate alla tradizione sinottica e giovannee, fino ad arrivare al passaggio dal primo al secondo secolo e l’inizio della strutturazione della Chiesa.
In questo senso la struttura dell’indice risulta essere, ovviamente, un aiuto fondamentale attraverso il quale l’interessato ad una specifica comunità può districarsi velocemente verso l’argomento del suo interesse. D’altra parte, il testo è molto chiaro e, con un po’ di pazienza, anche il lettore che non cerca ad un argomento specifico può trovarne grande ricchezza anche da una lettura continua.
Si tratta senza dubbio di un libro di studio e di ricerca, quasi imprescindibile da ogni bibliografia per chi vuole trattare scritti del Nuovo Testamento. Ma forse l’indubbio valore di questo testo, oltre che a livello didattico e di studio, è quello di parlare di una verità molto semplice quanto complessa: non possiamo dire di voler studiare un brano biblico se non ne conosciamo il contesto e la storia o, meglio ancora, non possiamo comprendere la Scrittura senza comprenderne l’imprescindibile senso comunitario (cf. 2Pt 1,20). In un’ultima affermazione provocatoria e probabilmente azzardata, forse il motivo che ha reso Penna una dei più grandi esperti della letteratura paolina potrebbe essere proprio questo suo grande senso di ecclesialità nella sua accezione più piena e comunitaria.