La confessione nel Giubileo (e la perdita del senso del peccato)
L’importanza che questo sacramento riveste nella prassi giubilare si scontra con quella che potremmo chiamare la “disaffezione” generalizzata nei confronti di questo specifico sacramento. A dir la verità, è necessario anche affermare che, quando ai nostri tempi si accede alla confessione, vi si accede con maggiore consapevolezza. Proprio perché si tratta di una richiesta che avviene all’interno di un contesto generalizzato di disaffezione per tale sacramento, questo accesso al sacramento della riconciliazione risulta particolarmente significativo. Procedendo oltre nel nostro discorso, intendiamo 1) riflettere sulle ragioni che possono spiegare almeno in parte questa disaffezione e 2) quali siano le conseguenze (non mediocri a livello spirituale) per il singolo e per la comunità di questa stessa disaffezione.
1. Le ragioni. A riguardo delle ragioni che possono render conto di questa disaffezione, vogliamo ricordare quelle che a nostro giudizio vanno ad intaccare il concetto di “responsabilità morale”: quella categoria morale, cioè, che è intrinseca al concetto di “peccato” e conseguentemente anche connessa con la confessione. Infatti, se non c’è la responsabilità morale, non ci sarà neppure peccato e quindi neanche la necessità (e non vogliamo qui valutare in quali casi specifici questa necessità entri in gioco) di accedere al sacramento che ha il compito precipuo di assolvere dai peccati.
Tra le ragioni che potrebbero essere chiamate in causa, potremmo individuare il forte soggettivismo che connota il nostro tempo: il sacramento della riconciliazione a ben vedere reca con sé un rito e un ministro, mentre l’epoca moderna rivendica una relazione spontanea (irrituale, cioè a prescindere da un rito) e diretta (cioè, senza mediazione di un soggetto terzo) con Dio. La scarsa percezione del senso ecclesiale del sacramento della riconciliazione (riflesso della scarsa percezione della dimensione ecclesiale dello stesso peccato, anche fosse il più occulto, in relazione alla comunione dei santi) è forse la radice più profonda di questa difficoltà del soggetto moderno ad affidarsi alla mediazione del ministro del sacramento.
Ma di quale perdono potremo mai parlare, se all’uomo è tolta la gravità del peccato? Se non esiste alcuna verità disordinata, su cosa mai potrà sovrabbondare la misericordia di Dio, che supera ogni intelletto? La Chiesa, invece, sa che verità e amore si incontrano (cf. Sal 85,11) in un modo straordinario nella meravigliosa esperienza del perdono.