In uscita un libro sulla Resistenza cattolica in Toscana 1943-1945.
Il passaggio del fronte in Toscana provocò conflitti a fuoco fra partigiani e nazifascisti e le rappresaglie che ne seguirono fecero migliaia di vittime fra la popolazione civile. Insieme agli abitanti dei villaggi e dei borghi che furono oggetto della vendetta nazifascista, ci sono numerosi parroci. Che venivano uccisi non per aver compiuto specifici atti militari, ma perché considerati i capi delle comunità che vivevano nel territorio dove i tedeschi e gli alleati fascisti avevano subito delle perdite.
Poi ci sono stati dei parroci come Alcide Lazzeri, che aveva svolto una intensa attività antifascista e che fu picchiato dagli squadristi per questa ragione, prima di essere fucilato insieme ai suoi parrocchiani che si erano rifugiati con lui nella chiesa di Civitella Val di Chiana. L’arciprete Lazzeri tentò disperatamente di evitare la fucilazione di massa, chiedendo ai tedeschi di essere ammazzato lui solo: invece fucilarono lui per primo e tutti i suoi parrocchiani.
Un altro caso di un sacerdote ucciso perché ospitava un ebreo e ascoltava Radio Londra, allora severamente proibita, fu don Aldo Mei, della diocesi di Lucca.
Un prete combattente, cappellano militare degli alpini, che partecipò agli scontri a fuoco con i soldati di Hitler e della Repubblica sociale italiana, fu il figlio di un cavatore del marmo di Carrara, don Giuseppe Rosini. Da giovane militò nel Partito popolare e poi diventò partigiano.
La testimonianza di Amedeo Cerboncini è importante perché rivela tutti i nomi dei giovani cattolici che fecero parte delle Squadre armate popolari, comandate da un ragazzo di monsignor Panerai: Rinaldo Bausi.
I preti uccisi in Toscana in quel periodo storico furono 59, di cui 45 nell’area tirrenica. Una storia, quindi, ad oggi poco conosciuta, di cui è bene fare memoria.