di Antonio Lovascio · Il Giubileo della Speranza, voluto ed aperto con solennità da Papa Francesco nella Basilica di San Pietro e nel carcere di Rebibbia, sarà anche il Giubileo della Pace ? E’ nell’auspicio di tutti noi, ma il cammino è ancora lungo e faticoso, ogni giorno lo tocchiamo con mano registrando morti e feriti in Ucraina, a Gaza, in Israele ed in altre parti della polveriera Mediorientale. Bergoglio ha lanciato tre appelli per costruire la pace. Azzerare il debito delle nazioni povere, eliminare la pena di morte, destinare all’educazione le risorse impiegate in armamenti. Appelli rivolti soprattutto alle coscienze ed alle decisioni degli Organismi internazionale e degli Stati, ma che chiamano in causa anche Chiese e Religioni, colpite dalla devastazioni delle guerre. Molto possono fare nell’educazione alla pace, parlando soprattutto ai giovani. Ce lo ricordano gli insegnamenti di un educatore paziente e illuminato come il card. Carlo Maria Martini, che ha trascorso parte degli ultimi anni della sua vita in Terra Santa, ad alimentare con studi e riflessioni il dialogo tra cristianesimo, i slam ed ebraismo: “”Educare – diceva – è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto”. Pertanto è indispensabile come il cibo che ci serve per nutrire il corpo e soprattutto non è mai cibo precotto ma depositato nel cuore della terra. È un’attività talvolta nascosta, incompresa, fraintesa, banalizzata e non riconosciuta. Eppure quant’è vitale! Ne va delle esistenze singole e collettive. Importante quanto l’aria che respiriamo e l’acqua che beviamo. E se non educhiamo non ci sarà né aria né terra. Per tutte e tutti. Per questo la semina è indispensabile. “Ogni cambiamento – dice oggi Papa Francesco – ha bisogno di un cammino educativo per far maturare una nuova solidarietà universale e una società più accogliente”.
Insomma l’educazione è rivoluzionaria. E allora seminiamo. Con la speranza di chi crede nella forza dei semi e nella generosità del futuro. Alcuni frutti si intravedono già, ad esempio, dal Consiglio dei giovani voluto dalla Conferenza episcopale italiana dopo l’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo che si era tenuto a Firenze nel 2022. Si sta rivelando un segno concreto di attenzione della Chiesa cattolica verso le nuove generazioni per favorire una convivenza fra i popoli basata sulla fraternità. Sede dell’organismo è il Seminario di Fiesole. I ragazzi che lo compongono rappresentano le Chiese del bacino che li hanno indicati come delegati. Il Consiglio si è insediato nell’estate 2023 a Firenze. Quattro le aree d’azione: l’impegno sociale, la formazione religiosa, l’educazione, lo scambio fra le sponde. La Cei ha affidato l’iniziativa a quattro realtà fiorentine: la Fondazione Giorgio La Pira, l’Opera per la gioventù Giorgio La Pira, il Centro internazionale studenti La Pira e la Fondazione Giovanni Paolo II, onlus per lo sviluppo e la cooperazione nei Paesi più fragili. Realtà, che insieme ad altre Associazioni italiane stanno creando sul territorio vere e proprie “scuole di pace”, rispondendo all’appello di Papa Francesco quando chiama i bambini, i ragazzi e i giovani di oggi a «essere artigiani di pace» e « protagonisti e non spettatori del futuro». Un futuro che non si può costruire da soli ma insieme. «Mettersi in rete e fare rete». Cioè «passare dall’io al noi» e «lavorare per il bene di tutti». In altri termini, come raccomanda spesso il Pontefice, si tratta di «essere svegli e non addormentati», dato che l’avvenire «lo si porta avanti lavorando, non dormendo; camminando per le strade, non sdraiati sul divano; usando bene i mezzi informatici, non perdendo tempo sui social; e poi questo tipo di sogno si realizza pregando, cioè insieme con Dio, non con le nostre sole forze».
Educare, sapendo che la pace non è la semplice assenza di guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti. Che è frutto della giustizia ed effetto della carità. Un dono di Dio ed allo stesso tempo anche opera da costruire. Meglio di me lo spiegano le parole del vescovo monsignor Donato Oliverio, presidente del Centro Studi per l’Ecumenismo in Italia, rilanciate dal numero di dicembre della rivista “Veritas in caritate” diretta da Riccardo Burigana: “La pace non può essere data per scontata; non è ovvia. È un obbligo, un risultato e una lotta incessante per preservarla. Non ci sono soluzioni automatiche o ricette. Sono necessarie la preghiera, la testimonianza del Vangelo e l’amore, per costruire una cultura di pace e solidarietà, dove le persone vedano nel volto dei loro simili un fratello o una sorella e un amico, piuttosto che una minaccia e un nemico”.