Una teologica evangelizzatrice. L’incontro di Papa Francesco con la Commissione Teologica Internazionale

750 422 Alessandro Clemenzia
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di Alessandro Clemenzia · Un ulteriore spunto di riflessione sul valore e sulla vocazione della teologia è stato offerto da Papa Francesco in occasione dell’incontro che si è tenuto in Vaticano con i membri della Commissione Teologica Internazionale, lo scorso 30 novembre.

Insieme ad alcune parole proferite a braccio dal Santo Padre, in cui ha fortemente esortato la riflessione teologica a riscoprire il valore della dimensione femminile nella Chiesa, egli ha consegnato ai presenti un testo scritto in cui ha presentato alcuni elementi importanti per argomentare il significato della teologia nell’oggi della Chiesa.

Il Papa ha richiamato la tensione universale della teologia, fondandosi su quella «conversione missionaria della Chiesa», fortemente auspicata in Evangelii gaudium (n. 30), proprio per inverare quel desiderio del Vaticano II, enunciato all’esordio della Lumen gentium: «Il Concilio desidera ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti gli uomini con la luce di Cristo» (n. 1). Si tratta, dunque, di recuperare un orientamento davvero missionario di Chiesa, capace di orientare tutta la realtà a Cristo. Ed è proprio da questa centralità cristologica, ogni giorno da riscoprire, che può scaturire quella che Papa Francesco chiama una “teologia evangelizzatrice”, capace di saper dialogare senza paura con la cultura contemporanea.

Per penetrare più a fondo in questo tipo di teologia, il Papa fa riferimento a un tema che vede impegnata la Commissione Teologica Internazionale fino al 2025, vale a dire il recupero della fede cristologica e trinitaria confessata dal Concilio di Nicea, in occasione della celebrazione della sua commemorazione (1700 anni). Francesco condivide con i membri della Commissione Teologica Internazionale i tre motivi che rendono promettente ed efficace la riscoperta dell’evento di Nicea: un motivo spirituale, un motivo sinodale, un motivo ecumenico.

Per quanto concerne il motivo spirituale, professando che Cristo è «Dio da Dio, luce da luce», il Papa esorta i teologi, nel loro particolare ministero a servizio della Chiesa, a testimoniare con la propria vita l’esperienza di quella luce «sorgiva ed eterna», irradiandola attraverso una vita luminosa, vale a dire attraverso un’esistenza capace di mostrare la presenza e l’azione di Cristo proprio attraverso le proprie fragilità umane: «Sta ai teologi diffondere bagliori nuovi e sorprendenti della luce eterna di Cristo nella casa della Chiesa e nel buio del mondo».

Il secondo motivo è quello sinodale, in quanto Nicea ha rappresentato davvero un’esperienza in cui la Chiesa ha potuto riflettere sulla natura della propria fede. In questo senso, spiega il Papa, la sinodalità si presenta come un’occasione per esprimere, attraverso atteggiamenti di comunione e processi di partecipazione, quella dinamica divina di cui l’umanità di oggi ha davvero bisogno. In questo senso, ha ribadito Francesco, «ai teologi è affidata la grande responsabilità di sprigionare la ricchezza di questa meravigliosa “energia umanizzante”[…]. Siate testimonianza […] di una Chiesa che cammina secondo l’armonia dello Spirito, radicata nella Parola di Dio e nella Tradizione vivente, e che accompagna con amore e con discernimento i processi culturali e sociali dell’umanità nella transizione complessa che stiamo vivendo». Il radicamento, tanto nella Parola quanto nella Tradizione vivente, e l’apertura a comprendere quanto Dio chieda attraverso i processi culturali e sociali in cui la Chiesa è inserita, almeno nella vita del teologo, non possono diventare due dinamiche in conflitto tra loro.

Il terzo motivo è quello propriamente ecumenico. E qui Papa Francesco allude, sia alla rilevanza che il Concilio di Nicea ha avuto all’interno di quella cristianità che non aveva ancora conosciuto divisioni tra le diverse Chiese e comunità, sia al fatto che, proprio nel 2025, la data della celebrazione pasquale andrà a coincidere per tutte le “denominazioni cristiane”. «Come sarebbe bello – afferma Francesco – se segnasse l’avvio concreto di una celebrazione sempre comune della Pasqua!».

Si tratta, come egli stesso afferma, di un sogno che porta nel cuore, e per la cui realizzazione chiede di invocare «la creatività dello Spirito», il quale è davvero capace di far scaturire dalle macerie delle divisioni qualcosa di straordinario e di realizzare, nel buio della disperazione, ciò che è soltanto desiderabile e, talvolta, anche inimmaginabile.

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