Una tempesta perfetta si abbatte sulla nostra salute

751 500 Antonio Lovascio
  • 0

di Antonio Lovascio · All’orizzonte si profila una tempesta perfetta sulla Sanità. O meglio: sulla salute degli italiani. Tra spesa inadeguata (138.776 miliardi per il 2024, grossomodo come 10 anni fa) e medici in fuga anche per le aggressioni e violenze che ogni giorno, ogni ora, subiscono al Pronto soccorso o nelle corsie. L’allarme non è stato recepito dal Governo: basta leggere la Manovra finanziaria appena varata, che ha spinto i “camici bianchi” a proclamare lo sciopero e a chiedere un confronto urgente. Eppure – lo ha ricordato recentemente anche Papa Francesco – è ancora bruciante il ricordo della pandemia: senza la dedizione, il sacrificio e l’impegno degli operatori sanitari, molte più vite sarebbero andate perdute . A distanza di tre anni, la situazione della Sanità in Italia (ultimo tra i Paesi del G7) si trova ad attraversare una nuova fase di criticità che sembra diventare strutturale con diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di prestazioni e l’ininterrotta migrazione sanitaria dal Sud al Nord. Emerge soprattutto una costante carenza di personale, che porta a carichi di lavoro ingestibili.

La perdurante crisi economica incide sulla qualità della vita di pazienti e di medici. Quante persone rinunciano a curarsi per i lunghi tempi di attesa dettati dalle ASL o perché non hanno i mezzi per ricorrere a più rapide ma salatissime visite a pagamento in cliniche e ambulatori privati ? Quanti medici e infermieri, sfiduciati e stanchi, abbandonano o preferiscono andare a lavorare all’estero? Sono questi – lo ha sottolineato Bergoglio ricevendo una delegazione del settore – alcuni dei fattori che ledono l’esercizio di quel diritto alla salute che fa parte del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che è sancito dalla Costituzione italiana quale diritto dell’individuo, specialmente dei più deboli, e quale interesse della collettività, perché la salute è un bene comune.

La Sanità pubblica italiana è fondata sui principi di universalità, equità e solidarietà, che però oggi rischiano di non essere applicati. Spesso messi in pericolo dagli stessi utenti quando si dimenticano che questo è sì un sistema popolare, nel senso di servizio al popolo; ma che però richiede a tutti senso di responsabilità e rispetto per una reciproca comprensione. L’esasperazione di molti pazienti e dei loro familiari non basta a giustificare reazioni violente di fronte a ritardi o disservizi. Le statistiche purtroppo confermano che crescono le aggressioni verbali e fisiche ai danni di medici e dirigenti sanitari. Secondo un recente sondaggio dei sindacati Anaao-Assomed l’81% ha subito attacchi. Di questi, il 23% riferisce di tipo fisico, il 77% verbale. Inoltre, sebbene il 75% abbia assistito personalmente a prepotenze verso i colleghi (29% degli intervistati riferisce di essere a conoscenza di casi da cui è scaturita l’invalidità permanente o il decesso), il 69% non denuncia. Pronto Soccorso e Psichiatria sono i reparti dove si registra il maggior numero di episodi. Le aggressioni sono compiute dal paziente solo nella metà dei casi (51,3%). Nei dipartimenti di emergenza sono in particolare i familiari ad affrontare duramente il personale (42,3%). Per oltre la metà degli interpellati, tuttavia, la causa non è attribuibile direttamente all’aggressore. Il 31,4% individua il definanziamento del Servizio sanitario nazionale (Ssn) – magari concedendo qualcosa in più alla sanità privata – come fattore principale; un aspetto questo che espone il medico, spesso ritenuto diretto responsabile del razionamento delle prestazioni. Per il 16,7% incidono le carenze organizzative, e per il 6,7% la mancanza di comunicazione. Il 35,5% invece attribuisce questi comportamenti violenti a motivazioni socio-culturali.

Molte le cause, una sola via d’uscita per risolvere questa emergenza: pur invitando le Regioni a fare economie dove è possibile, va adeguatamente finanziato il Servizio Sanitario Nazionale. I fondi stanziati dalla Manovra non bastano a potenziare i servizi di psichiatria, ad aumentare i posti letto per acuti e cronici, a riorganizzare il territorio, ad assumere. È necessario rafforzare gli organici: per avere più tempo per la comunicazione con i parenti, più tempo per la cura dei pazienti, meno attese nelle strutture di Pronto soccorso. Per evitare anche la fuga di medici all’estero allettati da remunerazioni peraltro fuori dalla portata delle nostre ASL. Da noi il governo ha previsto per loro un aumento di 17 euro al mese per stipendi che – secondo fonti sindacali – vanno dai 2.500 ai 3.500 dopo 20 anni di anzianità. Per far rientrare la protesta i rappresentanti dei “camici bianchi” chiedono che l’esecutivo si assuma impegni precisi sulla ripartizione dei fondi per il prossimo triennio. Serve dunque un segnale politico forte, convinto: la premier Meloni e il ministro Schillaci saranno in grado di darlo ?

image_pdfimage_print
Author

Antonio Lovascio

Tutte le storie di: Antonio Lovascio