Tramonto o alba dell’occidente e del cristianesimo?

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di Leonardo Salutati · A oltre 100 anni dalla pubblicazione dell’opera di Oswald Spengler, Tramonto dell’Occidente (1918-1922), che ha influenzato importanti studiosi, filosofi, ma anche molti scrittori, pensatori e politici, talvolta molto diversi tra di loro, nella quale il filosofo tedesco identificava l’Occidente come una civiltà ormai avviata verso il suo tramonto dopo i fasti del Rinascimento, negli ultimi anni si sono moltiplicati i saggi sull’argomento. Ne ricordiamo alcuni: Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli (Leonardo Lugaresi, 2020), La crisi dell’Occidente (Santiago Cantera Montenegro, 2022), La fine della cristianità e il ritorno del paganesimo (Chantal Delsol, 2023), La sconfitta dell’Occidente (Emmanuel Todd, 2024).

In particolare, attirano interesse il saggio di Todd e quello di Lugaresi. Todd è noto per aver previsto il collasso dell’Urss e la crisi finanziaria del 2008 con anni di anticipo e, nel suo recente saggio, con grande lucidità e intelligenza, attraverso l’analisi dettagliata di indicatori sociali, strutture familiari, declino demografico, scomparsa della religione e trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale, parla di una duplice sconfitta per l’Occidente, intendendo con questa parola l’economia capitalistica e il sistema di potere statunitense, esteso a paesi come Regno Unito, Scandinavia, Francia, Germania, Italia e Giappone. Egli vede la sconfitta dell’Occidente, prima di tutto, nella guerra in Ucraina dove Todd ritiene che sarà la Russia a prevalere, ma soprattutto la vede al suo interno, sul piano demografico, economico e morale. Alla radice di tutto questo vi è l’evaporazione dei valori cristiani che sono stati diffusi da due rivoluzioni culturali: il Rinascimento italiano e la Riforma protestante tedesca, che avevano favorito il fiorire dell’istruzione, di un’etica del lavoro, della responsabilità, della disciplina sociale, del sacrificio per la collettività: una visione aggregante della vita collettiva, che ha permesso il decollo e lo scarto rispetto al resto del mondo dello sviluppo economico.

Todd schematizza il processo degenerativo del cristianesimo in tre fasi: il passaggio dalla fase di un cristianesimo attivo alla fase “zombie”, cioè affievolito nel culto ma ancora persistente nella morale e nel rispetto formale dei riti, fino all’attuale fase “zero”, ossia «un vuoto religioso assoluto, in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva» che, appunto sta alla base della “sconfitta”.

L’analisi di Todd riguardo alla dimensione religiosa trova eco in quella di Lugaresi il quale afferma che nonostante i popoli d’Europa si dicano ancora in buona parte cristiani, c’è motivo di credere che si tratti per lo più di un cristianesimo nominale e che il cristianesimo reale appartenga ormai all’esperienza di un numero molto ridotto di persone. Da questa constatazione, però, Lugaresi stabilisce un parallelismo, tra le prime generazioni cristiane che vivevano nel mondo di cultura pagana o giudaico ellenistica e la condizione dei cristiani di oggi, anch’essi una generazione nella condizione, per molti aspetti, dei primi cristiani, riguardo ai quali auspica il recupero dello spirito che li animava.

Si tratta cioè di capire come i primi cristiani, in una situazione di ancor più radicale e completa estraneità al fatto cristiano del contesto sociale, pur essendo un gruppo numericamente esiguo, riuscirono a innervare la società a tal punto da cambiare il corso della storia. Quando Costantino, con una scelta politica ardita, da grande statista, scommette sul cristianesimo nonostante sia una realtà ancora minoritaria (forse il 10-15 %), lo fa perché il cristianesimo è culturalmente forte e la parte più significativa e vitale della società.

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Il gruppo dei primi cristiani non si è conformato al mondo in cui viveva, che è uno dei rischi maggiori che corriamo oggi, ma lo ha messo in crisi! Nel senso della parola greca krisis, ovvero viveva nel mondo giudicandolo alla luce del Vangelo. Come dice la Lettera a Diogneto: i cristiani sono in tutto come gli altri, solo che vivono una vita diversa. Di fatto si sono messi a “servizio del mondo”, paradossalmente, mettendolo in crisi! Questa è stata la chiave di volta della diffusione del cristianesimo, resa possibile dal fatto che i primi cristiani, a loro volta, hanno accettato di farsi mettere in crisi da Dio, come avviene esemplarmente nell’episodio di Paolo ad Atene (At 17), che sta al centro dell’analisi di Lugaresi. All’inizio Paolo prova indignazione per gli idoli dei Greci e poteva fermarsi lì, cioè in un contesto ostile poteva fare una di queste tre cose: assimilarsi alla cultura dominante, chiudersi o separarsi. L’Apostolo, invece fa una quarta scelta e rilancia. Mettendosi nell’habitat speculativo dei Greci fa una crisi, ovvero li giudica alla luce del Vangelo, affermando che quel Dio ignoto che essi adorano senza conoscerlo, egli glielo annuncia. Cioè, se i Greci accettano di andare fino in fondo al loro percorso intellettuale e religioso capiranno che Paolo può fargli conoscere il Dio ignoto perché si è rivelato.

Lugaresi è convinto che nell’attuale situazione di incertezza e di varietà di posizioni ognuno deve, con gli strumenti e le convinzioni di cui dispone, testimoniare Cristo fino ai confini della terra. Che i cristiani, pochi o tanti che siano, devono fare il possibile per continuare a fare una crisi con gli uomini del loro tempo. A questo riguardo Lugaresi ricorda il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI del 2006 come una grandiosa operazione di crisi cristiana sul tema della fede, della ragionevolezza e della violenza, su un duplice versante: quello dell’Islam e quello del razionalismo occidentale, dimostrando come entrambe quelle posizioni fossero in difetto nei confronti della verità. Non era un attacco, era un esercizio di crisi. Esattamente come quello di Paolo ad Atene.

Tutto ciò non deve fare paura perché, osserva Lugaresi, «la storia vive in continuazione momenti di cristianizzazione e di decristianizzazione» e, come per una Cattedrale, quando si finisce di restaurare la facciata si rimonta il cantiere nell’abside, anche «la chiesa è continuamente puntellata dalle impalcature e più che un ospedale da campo allora, somiglia a un cantiere che non finisce mai».

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Leonardo Salutati

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