Sinodalità e primato petrino
di Alessandro Clemenzia · È recentemente uscito un documento del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intitolato “Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’Enciclica Ut unum sint”. Come si evince dal titolo e dal sottotitolo, si tratta di uno studio sulla figura del Successore di Pietro, alla luce dell’apporto pluridecennale del dialogo ecumenico, e che trova il suo innesto proprio in quel particolare invito, rivolto da San Giovanni Paolo a tutta la Chiesa, a cercare “insieme” alle realtà ecclesiali nuove forme di esercizio del ministero petrino.
Trattandosi di un documento di studio, esso non ha alcun intento d’esaustività sull’argomento, in quanto ha a cuore presentare il frutto di un lungo cammino teologico in ambito ecumenico sull’esercizio di un possibile ministero dell’unità, riconosciuto trasversalmente dall’intera cristianità.
Senza soffermarsi in questa sede sulle singole tematiche affrontate, è interessante fermare l’attenzione su quelle che sono state denominate le “prospettive per un ministero di unità in una Chiesa riunificata”.
La proposta dell’Assemblea plenaria del Dicastero auspica la possibilità di compiere ulteriori passi sulla comprensione della natura del ministero petrino e su una eventuale riformulazione del suo esercizio, attraverso il recupero di un’ecclesiologia di comunione «radicata nella comprensione sacramentale della Chiesa promossa dal Concilio Vaticano II (cfr. LG 1, 9, 48). Tale ecclesiologia si basa sul sensus fidei di tutti i fedeli in virtù del loro battesimo, sull’Eucaristia […] e sulla natura sacramentale dell’episcopato» (n. 25).