Sinodalità e primato petrino

300 168 Alessandro Clemenzia
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di Alessandro Clemenzia · È recentemente uscito un documento del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intitolato “Il vescovo di Roma. Primato e sinodalità nei dialoghi ecumenici e nelle risposte all’Enciclica Ut unum sint”. Come si evince dal titolo e dal sottotitolo, si tratta di uno studio sulla figura del Successore di Pietro, alla luce dell’apporto pluridecennale del dialogo ecumenico, e che trova il suo innesto proprio in quel particolare invito, rivolto da San Giovanni Paolo a tutta la Chiesa, a cercare “insieme” alle realtà ecclesiali nuove forme di esercizio del ministero petrino.

Trattandosi di un documento di studio, esso non ha alcun intento d’esaustività sull’argomento, in quanto ha a cuore presentare il frutto di un lungo cammino teologico in ambito ecumenico sull’esercizio di un possibile ministero dell’unità, riconosciuto trasversalmente dall’intera cristianità.

Senza soffermarsi in questa sede sulle singole tematiche affrontate, è interessante fermare l’attenzione su quelle che sono state denominate le “prospettive per un ministero di unità in una Chiesa riunificata”.

Due gli aspetti fondamentali sottolineati: il primo riguarda il «riconoscimento dell’interdipendenza reciproca tra primato e sinodalità a ogni livello della vita della Chiesa: locale regionale e universale» (n. 81); il secondo verte sulla valorizzazione di un ministero dell’unità a livello universale, soprattutto in un tempo globalizzato quale il nostro, avvertendo così la «necessità di strumenti globali di comunione» (n. 84), in vista di una facilitazione della missione della Chiesa.

La grande questione toccata dal documento sembra essere proprio quella di ripensare il primato all’interno di una Chiesa tutta sinodale, recuperando il lemma “sinodalità” secondo due differenti accezioni: «La collegialità episcopale e la partecipazione di tutto il Popolo di Dio» (n. 114). Centrale, a tale proposito, sono le parole rivolte da Papa Francesco, nel 2021, al gruppo misto di lavoro ortodosso-cattolico Sant’Ireneo: «La sinodalità nella Chiesa cattolica, in senso ampio, può essere compresa come l’articolazione di tre dimensioni: ‘tutti’, ‘alcuni’ e ‘uno’. In questa visione, il “ministero primaziale” è intrinseco alla dinamica sinodale, come lo sono pure l’aspetto comunitario che include tutto il Popolo di Dio e la dimensione collegiale relativa all’esercizio del ministero episcopale» (citazione riportata nel documento al n. 118). Secondo questa interpretazione il primato e la dimensione sinodale della Chiesa non possono essere colte l’una all’infuori dell’altra; anzi, è ormai necessario e urgente rintracciare nuove forme di partecipazione di ogni battezzato e di collegialità dell’episcopato, proprio per bilanciare, come è scritto in Evangelii gaudium, «una eccessiva centralizzazione» (EG 32). Ciò chiede anche una risemantizzazione, alla luce del tempo presente in cui la Chiesa vive, di alcuni termini, il cui uso oggi si dà altamente per scontato, che vanno in qualche modo a qualificare la figura del successore di Pietro, quali “primato”, “giurisdizione”, “autorità canonica”, “potere”, “governo”, “amministrazione”, ecc.

La quarta parte del documento contiene “alcuni suggerimenti pratici o richieste rivolti alla Chiesa Cattolica”; basti citare, ad esempio: una interpretazione degli insegnamenti del Concilio Vaticano I all’interno del contesto specifico in cui sono stati pronunciati; un più evidente equilibrio nell’esercizio del primato tra il livello regionale e quello universale; il recupero di una sinodalità ad intra nella Chiesa Cattolica come spazio da cui poi possa scaturire una sinodalità anche con le altre comunioni cristiane.

Sulla base di questo documento, l’Assemblea plenaria del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha approvato una proposta, intitolata “Verso un esercizio del Primato nel XXI secolo”. In essa si ribadisce ulteriormente che la dimensione sinodale della Chiesa e l’esercizio del primato petrino vanno colti sempre insieme, in quanto entrambi costitutivi e portanti; non solo, la sinodalità viene colta come ambito all’interno del quale si può affrontare una riflessione rigorosa sul “ministero dell’unità”: «Poiché la comunione sinodale, intesa come articolazione di “tutti”, “alcuni” e “uno”, include l’esercizio del primato, il dialogo teologico sul primato, da un punto di vista metodologico, dovrebbe iniziare con una riflessione sulla sinodalità» (n. 6), in quanto quest’ultima «non è solo una questione di strutture e processi ecclesiali a livello istituzionale, né catturata da specifici eventi sinodali, ma anche un modus vivendi et operandi di tutta la Chiesa» (n. 23). È importante, inoltre, assumere «la regola ermeneutica secondo cui i dogmi del Vaticano I devono essere letti alla luce del Vaticano II, in particolare del suo insegnamento sul Popolo di Dio (LG, capitolo II) e sulla collegialità (LG, 22-23)» (n. 14).

La proposta dell’Assemblea plenaria del Dicastero auspica la possibilità di compiere ulteriori passi sulla comprensione della natura del ministero petrino e su una eventuale riformulazione del suo esercizio, attraverso il recupero di un’ecclesiologia di comunione «radicata nella comprensione sacramentale della Chiesa promossa dal Concilio Vaticano II (cfr. LG 1, 9, 48). Tale ecclesiologia si basa sul sensus fidei di tutti i fedeli in virtù del loro battesimo, sull’Eucaristia […] e sulla natura sacramentale dell’episcopato» (n. 25).

Lungo è ancora il cammino in ambito ecumenico che aspetta alle Chiese per il raggiungimento degli obiettivi desiderati; fondamentale in questa attesa è ricordare sempre – così come viene sottolineato al termine del testo redatto dall’Assemblea plenaria del Dicastero – che l’unità non è frutto di uno sforzo teologico ma è primariamente dono dello Spirito Santo.

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