di Andrea Drigani · L’importanza dello studio della storia della Chiesa, per aiutare in modo speciale i sacerdoti a interpretare meglio la realtà sociale, è stato l’oggetto di una lettera di papa Francesco del 21 novembre 2024.
Francesco ha auspicato che i suoi pensieri venissero presi in considerazione nella formazione dei nuovi presbiteri e anche di altri agenti pastorali.
Il Papa ha affermato che una corretta sensibilità storica aiuta ad avere il senso delle proporzioni, un senso di misura e una capacità di comprensione della realtà, per come essa è, e non come la si immagina o si vorrebbe che fosse.
La storia della Chiesa – ha proseguito Francesco – ci aiuta a guardare la Chiesa per poter amare quella che esiste veramente e che ha imparato e continua a imparare dai suoi errori.
Il bisogno di una maggiore sensibilità storica – ha aggiunto il Papa – è più urgente in un tempo in cui si diffonde la tendenza a cercare di fare a meno della memoria o di costruirne una adeguata alle esigenze delle ideologie dominanti.
Ricordiamo – scrive ancora Francesco – la genealogia di Gesù, narrata da San Matteo. Nulla è semplificato, cancellato o inventato. La genealogia del Signore è costituita dalla storia vera, dove sono presenti alcuni nomi a dir poco problematici e si sottolinea il peccato del re Davide. Tutto, comunque, finisce e fiorisce in Maria ed in Cristo.
Se questo è successo nella Storia della Salvezza, accade ugualmente nella storia della Chiesa.
Il Papa ha poi voluto presentare alcune piccole (così le ha chiamate) osservazioni relative allo studio della storia della Chiesa.
La prima osservazione concerne il rischio che questo tipo di studio mantenga una certa impostazione semplicemente cronologica o addirittura una sbagliata direzione apologetica, che trasformano la storia della Chiesa in mero supporto della storia della teologia o della spiritualità dei secoli passati.
La seconda osservazione riguarda il fatto che la storia della Chiesa, insegnata in tutto il mondo, sembra risentire di un certo riduzionismo, con una presenza ancora subalterna nei confronti della teologia, la quale spesso si mostra incapace di entrare in dialogo con la realtà vive ed esistenziale degli uomini e delle donne del nostro tempo.
La terza osservazione tiene conto del fatto che si percepisce, nel percorso formativo dei futuri sacerdoti, un’educazione ancora inadeguata alle fonti. Raramente, ad esempio, gli studenti sono messi nelle condizioni di poter leggere testi fondamentali del cristianesimo antico, come la «Lettera a Diogneto», la «Didachè» o gli «Atti dei martiri». La lettura diretta delle fonti evita filtri ideologici o precomprensioni teoretiche.
La quarta osservazione è inerente alla necessità di «fare storia» della Chiesa – così come di «fare teologia» – non solo con rigore e precisione, ma anche con passione e coinvolgimento, perché si ama la Chiesa e la si accoglie come Madre, così come essa è.
La quinta osservazione tocca il legame tra la storia della Chiesa e l’ecclesiologia. La ricerca storica ha un contributo indispensabile da offrire nell’elaborazione di un’ecclesiologia che sia davvero storica e misterica.
La sesta osservazione riguarda la cancellazione delle tracce di coloro che non hanno potuto far sentire la loro voce nel corso dei secoli, rendendo difficile una ricostruzione storica fedele. Di qui la necessità di riportare alla luce il volto popolare degli ultimi, delle loro sconfitte e sopraffazioni, ma anche delle loro ricchezze umane e spirituali.
La settima ed ultima osservazione è per ricordare che la storia della Chiesa può aiutare a recuperare tutta l’esperienza del martirio, nella consapevolezza che non c’è storia della Chiesa senza martirio e che mai si dovrebbe perdere questa preziosa memoria. Proprio lì dove la Chiesa non ha trionfato agli occhi del mondo, è quando ha raggiunto la sua maggiore bellezza.