Politica e povertà. Se il Fisco incoraggia il gioco d’azzardo

di Antonio Lovascio · C’è da rimanere sconcertati nel leggere che quest’anno l’epidemia del gioco d’azzardo registrerà un fatturato record da 160 miliardi. Con lo Stato impotente perché ci guadagna, in barba alle pesanti conseguenze di ordine sociale e morale: giovani e famiglie intrappolati nella dipendenza e nella povertà. Stiamo parlando di almeno 3 milioni di giocatori perdenti. Che vivono nell’isolamento, non riescono a gestire il quotidiano colpiti da malessere ed ansia. Ma sarebbero 10 milioni le persone vulnerabili secondo l’Istituto superiore di Sanità. Dietro spesso ci sono fragilità. E laddove la vita soffre, l’azzardo investe.

L’azzardo umilia le persone, toglie dignità. C’è tanta sofferenza e solitudine col rischio che aumenti la dipendenza”. Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, ha così espresso la grande preoccupazione della Chiesa italiana. Scesa in campo a sostegno del mondo associativo, che sollecita l’impegno della politica, con sei proposte, illustrate da don Armando Zappolini, portavoce della “Campagna Mettiamoci in Gioco”. Una legge quadro che deve avere come priorità la salute dei cittadini e non il profitto dei privati e dello Stato. Impedire realmente ogni tipo di pubblicità dell’azzardo, perché il divieto attuale viene aggirato facilmente da parte dei concessionari. Non utilizzare espressioni che hanno il solo scopo di nascondere la reale natura dell’azzardo. Come “gioco responsabile” che «è fuorviante perché fa ricadere sull’individuo la responsabilità di un consumo problematico o di una dipendenza che sono, invece, attivamente perseguiti dal mercato». Opporsi alla compartecipazione alle Regioni e ai Comuni del 5% del gettito dell’azzardo, che pregiudicherebbe la loro indipendenza. «Il modo più efficace di tappare una bocca è riempirla di banconote». Garantire il diritto all’accesso ai dati sulla diffusione dell’azzardo, per prendere le decisioni migliori per difendere i diritti dei cittadini. «Mentre invece si registra una reticenza e mancanza di trasparenza da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli». Infine, ricostituire nel ministero della Salute l’Osservatorio per il contrasto alla diffusione dell’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.

Le Caritas diocesane e l’associazionismo cattolico sono già all’opera con proprii progetti, che partono da alcune parole chiave: informare, sensibilizzare, prevenire, accompagnare, fare rete. Ma senza un impegno concreto ed immediato del governo e delle Istituzioni si va poco lontano. Invece si registra un cambio di orientamento, che potrebbe peggiorare la situazione. Le Regioni che 12 anni fa, subito dopo il decreto Balduzzi, avevano legiferato per cercare di contenere il gioco d’azzardo mediante restrizioni di orari e di spazi, con una “inversione a u” stanno chiedendo adesso che una parte del gettito fiscale degli azzardi di Stato venga dirottato nelle loro casse. L’Anci (l’Associazione dei comuni) si sta orientando verso una proposta analoga.  Oggi se non ci saranno ripensamenti, con una giravolta gli enti territoriali ridimensionano le loro stesse leggi, approvate con entusiasmo e all’unanimità dopo il decreto Balduzzi del 2012. Ahimè, questa è l’Italia.