Politica e povertà. Se il Fisco incoraggia il gioco d’azzardo

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di Antonio Lovascio · C’è da rimanere sconcertati nel leggere che quest’anno l’epidemia del gioco d’azzardo registrerà un fatturato record da 160 miliardi. Con lo Stato impotente perché ci guadagna, in barba alle pesanti conseguenze di ordine sociale e morale: giovani e famiglie intrappolati nella dipendenza e nella povertà. Stiamo parlando di almeno 3 milioni di giocatori perdenti. Che vivono nell’isolamento, non riescono a gestire il quotidiano colpiti da malessere ed ansia. Ma sarebbero 10 milioni le persone vulnerabili secondo l’Istituto superiore di Sanità. Dietro spesso ci sono fragilità. E laddove la vita soffre, l’azzardo investe.

Per questo i miliardi sprecati sono cresciuti in modo travolgente negli anni, come si evince dai dati forniti dal governo. Si va dai 25 miliardi del 2004 agli 84 del 2014 ai 102 del 2017 e ai 136 del 2022. In tutto tra il 2004 e il 2023 la raccolta è stata di 1.617 miliardi di euro. A questi ora si aggiungeranno i più di 160 miliardi del 2024. Numeri impressionanti, che ancora una volta confermano la gravità di un fenomeno che non conosce crisi e che, anzi, tocca sempre più ragazzi dai 15 ai 19 anni. Per comprendere meglio la questione, basterebbe ricordare che nel 2023 l’ammontare dei soldi impegnati dagli italiani per l’acquisto di beni di largo consumo è stata di 134 miliardi di euro, molto meno di quello dei 148 dell’azzardo. A preoccupare è anche l’aumento di “giochi” che, erroneamente, si considerano meno “pericolosi” come il “Gratta&vinci”. Nel 2023 i biglietti venduti erano stati più di 2,1 milioni per un importo di 11,8 miliardi di euro, quest’anno siamo già a 1,2 milioni per un incasso di 7,2 miliardi. Più di 4mila biglietti “grattati” al minuto, 24 ore su 24. E si rimane allibiti nel sentire da un sottosegretario che i 7 miliardi di euro che, a oggi, incasserebbe l’Erario come imposte sui giochi, rappresentano “una risorsa fondamentale per l’economia”. Lo Stato – come hanno denunciato la Consulta nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II e la Campagna “Mettiamoci in gioco” – non può fare cassa sui danni arrecati ai cittadini. Inoltre, è ben noto che i soldi spesi dagli italiani nell’azzardo verrebbero quasi certamente impiegati per altri consumi – a cui viene applicata una tassazione più favorevole per l’erario – sicuramente meno letali per la salute individuale e pubblica e più utili per il benessere delle famiglie. La risposta del ministero dell’Economia enfatizza i risultati relativi alla crescita di un mercato che, al contrario, sta contribuendo ad acuire una povertà sempre più diffusa. E non regge più la scusa accampata per anni che senza il gettito dei giochi non si chiudono i bilanci dello Stato: gli spazi per reperire le risorse ci sono, eccome, ma da quanto si apprende dai media sul fisco, il Governo sembra prediligere la mansuetudine tributaria alla giustizia fiscale.

L’azzardo umilia le persone, toglie dignità. C’è tanta sofferenza e solitudine col rischio che aumenti la dipendenza”. Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, ha così espresso la grande preoccupazione della Chiesa italiana. Scesa in campo a sostegno del mondo associativo, che sollecita l’impegno della politica, con sei proposte, illustrate da don Armando Zappolini, portavoce della “Campagna Mettiamoci in Gioco”. Una legge quadro che deve avere come priorità la salute dei cittadini e non il profitto dei privati e dello Stato. Impedire realmente ogni tipo di pubblicità dell’azzardo, perché il divieto attuale viene aggirato facilmente da parte dei concessionari. Non utilizzare espressioni che hanno il solo scopo di nascondere la reale natura dell’azzardo. Come “gioco responsabile” che «è fuorviante perché fa ricadere sull’individuo la responsabilità di un consumo problematico o di una dipendenza che sono, invece, attivamente perseguiti dal mercato». Opporsi alla compartecipazione alle Regioni e ai Comuni del 5% del gettito dell’azzardo, che pregiudicherebbe la loro indipendenza. «Il modo più efficace di tappare una bocca è riempirla di banconote». Garantire il diritto all’accesso ai dati sulla diffusione dell’azzardo, per prendere le decisioni migliori per difendere i diritti dei cittadini. «Mentre invece si registra una reticenza e mancanza di trasparenza da parte dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli». Infine, ricostituire nel ministero della Salute l’Osservatorio per il contrasto alla diffusione dell’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.

Le Caritas diocesane e l’associazionismo cattolico sono già all’opera con proprii progetti, che partono da alcune parole chiave: informare, sensibilizzare, prevenire, accompagnare, fare rete. Ma senza un impegno concreto ed immediato del governo e delle Istituzioni si va poco lontano. Invece si registra un cambio di orientamento, che potrebbe peggiorare la situazione. Le Regioni che 12 anni fa, subito dopo il decreto Balduzzi, avevano legiferato per cercare di contenere il gioco d’azzardo mediante restrizioni di orari e di spazi, con una “inversione a u” stanno chiedendo adesso che una parte del gettito fiscale degli azzardi di Stato venga dirottato nelle loro casse. L’Anci (l’Associazione dei comuni) si sta orientando verso una proposta analoga.  Oggi se non ci saranno ripensamenti, con una giravolta gli enti territoriali ridimensionano le loro stesse leggi, approvate con entusiasmo e all’unanimità dopo il decreto Balduzzi del 2012. Ahimè, questa è l’Italia.

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Antonio Lovascio

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