Perché in Europa vince il partito del non voto
vizio di trattare le consultazioni europee come elezioni nazionali, quando invece ben sappiamo che non servono a cambiare gli equilibri a Roma, mentre degli equilibri a Bruxelles la gran parte di chi è chiamato alle urne non sa nulla o quasi. Come ha osservato Paolo Pombeni, storico e politologo tra i più autorevoli, nelle fasi di grande transizione, simili a quella che stiamo vivendo, l’incertezza per il futuro assume un ruolo dominante e innesca appunto due tipi di risposte. La prima è quella di chi vorrebbe fermare il mondo nell’illusione di poter tornare a un’età dell’oro che non è mai esistita, con un’appendice velenosa che è il nazionalismo, di cui vediamo ampiamente le conseguenze negative. La seconda è quella di chi pensa che, se bisogna cambiare tutto, allora è meglio anticipare, bruciare i tempi del mutamento. E in questo caso la coda velenosa è nel mito della rivoluzione, nell’illusione di poter sbarcare da un momento all’altro in un mondo nuovo. Il guaio è che ciascuna di queste risposte sbagliate finisce per alimentare l’altra.
In sostanza emerge la sensazione sempre più diffusa che le elezioni non servono a produrre quella trasformazione che tutti auspichiamo. Per contrastare l’astensionismo c’è soltanto una via da percorrere: la politica deve tornare a proporre soluzioni credibili e intorno al confronto tra proposte di questa natura si può creare lo spazio per recuperare la mobilitazione e la partecipazione convinta. Purtroppo, invece, in questa fase si manifesta una spinta alla radicalizzazione, che è una politica suicida per entrambi gli schieramenti, Destra e Sinistra. Tutti promettono soluzioni drastiche e veloci e i cittadini non riescono più a credere che esse siano possibili. Prendiamo il caso eclatante della sanità: il problema delle liste d’attesa non si può risolvere facendo fare le Tac agli specializzandi o immaginando di assumere molti più medici e infermieri quando non si sa da dove prendere i soldi per farlo. E così potremmo continuare con l’esemplificazione. Ma l’unico modo per riportare i cittadini alle urne è quello di ricostruire la fiducia nelle istituzioni, confermando ciò di cui oggi molti dubitano: cioè che la democrazia, il dialogo (e non la reciproca delegittimazione), la rappresentanza, lo stato di diritto costituiscono il metodo migliore per affrontare e risolvere le questioni comuni. In Italia ed in Europa.