«Passa l’apparenza di questo mondo»

di Stefano Tarocchi · Nel capitolo 7 della prima lettera ai Corinzi, Paolo risponde ad alcune questioni che gli vengono poste dalla chiesa della metropoli di Corinto: si tratta delle persone sposate, del matrimonio fra cristiani e pagani, di chi non è sposato, e ancora altre questioni che sono collegate. Qui non vogliamo entrare in queste questioni così complesse e di non facile interpretazione all’interno del linguaggio paolino.

 

«Il tempo si è fatto breve»: nella lingua greca, il termine usato per definire il tempo non si riferisce ad una semplice cronologia, di fatto senza limiti, ma si riferisce al tempo nel senso della sua qualità: il momento opportuno perché accada un evento.
Anche il verbo usato per definire la brevità significa “contrarre”, “ridurre la dimensione”. Sembra tratto dal linguaggio della navigazione: Paolo usava sempre espressioni vicine all’esperienza dei suoi destinatari, e Corinto era posta in una posizione geografica ideale per comprendere questo linguaggio. L’apostolo indica l’azione di «raccogliere una o più vele presso il pennone, usando gli imbrogli (apposite funi predisposte a questo scopo), per poterle poi serrare, ossia sottrarle in gran parte all’azione del vento» (
Dizionario della Navigazione).

L’apostolo, dando insegnamenti ai cristiani di Corinto, li sta guidando ad interpretare la loro esistenza nella certezza dell’imminente ritorno del Cristo glorioso.

Le vicende umane sono del tutto transitorio, come lui spiega ulteriormente quando dice: «passa l’apparenza di questo mondo».

L’espressione che Paolo usa non è l’equivalente del termine “mondo”: l’espressione «esprime l’aspetto esteriore, tutto ciò che può essere percepito dai sensi» nella realtà in cui viviamo. Tutto questo «può cambiare, e cambia, di stagione in stagione, anche se il mondo stesso rimane» (Robertson-Plummer). Come dicevano gli antichi (forse Seneca?), «passa l’immagine esterna del mondo, non la sua natura, come se il mondo si trasformasse in un’altra dimensione».

L’apostolo non vuole indicare una scelta da intraprendere senza esitare, come quando fa riferimento al Signore: «agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito» (1 Cor 7,10). Viceversa, «agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha la moglie non credente e questa acconsente a rimanere con lui, non la ripudi» (1 Cor 7,12). E ancora: «riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia» (1 Cor 7,25)