Paolo Carlotti, La coscienza morale cristiana, (Nuova biblioteca di Scienze Religiose 77) Las Roma 2022

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di Gianni Cioli · Il compianto Paolo Carlotti, docente di teologia morale presso l’Università Pontificia Salesiana, prematuramente scomparso nel 2023, nel suo penultimo libro, La coscienza morale cristiana, aveva accolto la sfida di misurarsi col tema, tanto complesso quanto imprescindibile per la Teologia morale, della coscienza, sviluppando la sua riflessione in cinque capitoli preceduti da una opportuna introduzione.

Nell’Introduzione viene innanzitutto presentata la realtà della coscienza morale: «L’identità e la dignità dell’uomo consistono nella sua coscienza morale, che lo testimonia in modo inaggirabile capace dei sé, nel comprendere e nel decidere […] di se stesso» (7-8); viene quindi sottolineata la necessità imprescindibile di una formazione della coscienza; per illustrare, infine, l’articolazione del volume con uno sguardo di sintesi allo sviluppo dei capitoli.

Il primo capitolo consiste in una Premessa epistemologica e antropologica: si afferma che la teologia morale è una scienza interpretativa pratica; si presentano i criteri di verità più diffusi nelle odierne filosofie della conoscenza; si traccia un quadro antropologico focalizzato sul soggetto personale quale essere storico, dotato di unità corporeo spirituale, costitutivamente relazionale e aperto alla trascendenza.

Il secondo capitolo considera La coscienza morale nella contemporaneità, ovvero di fronte alle sfide della cultura post-moderna. Tali sfide posso essere enucleate in quattro punti che si collocano, pur senza esaurirlo, nell’orizzonte antropologico della cultura occidentale contemporanea: 1) l’autoreferenzialità del soggetto spinta fino alle estreme conseguenze; 2) la programmatica irrilevanza di ogni riferimento all’esperienza di fede nell’ambito del discernimento etico; 3) il prevalere della razionalità tecnica nello sviluppo dei giudizi morali; 4) la percezione drammatica della limitata libertà e forza morale del soggetto di fronte ai condizionamenti del mondo reale. Carlotti esamina queste sfide con acume critico, ma anche accogliendone gli stimoli utili, pure alla teologia, per una migliore comprensione della coscienza, nell’ottica del «realismo di una praticabilità possibile e affidabile» (p. 18).

Il terzo capitolo, centrale sia materialmente che formalmente nella strutturazione del libro, affronta L’identità della coscienza morale. Ne traccia il profilo, che consiste nella capacità di sé che caratterizza la persona, mettendo anche in luce le diverse sfumature che si possono attribuire alla coscienza se la si colloca nell’orizzonte dell’etica della norma o se invece la si pone nell’orizzonte dell’etica delle virtù; ne sottolinea la dignità «che ne esige il puntuale rispetto da parte di tutti, in primis da parte del suo titolare» (pp. 83-84); affronta (anche facendo rifermento agli stimoli del magistero di Francesco) la questione del rapporto, tanto delicato quanto fondamentale, fra coscienza e verità morale che, per essere tale deve essere soggettiva, in quando espressione autentica della convinzione del soggetto, ma che deve lasciarsi anche definire da parametri oggettivi per non debordare nel soggettivismo. Il capitolo si conclude con la considerazione della questione del rapporto fra coscienza morale ed erroneità, delineando in particolare il caso della coscienza invincibilmente erronea, con sostanziale fedeltà alla dottrina tradizionale, e sottolineando, per il cristiano che registrasse un consistente divario fra il giudizio della propria coscienza e le indicazioni del magistero della Chiesa, il dovere di mantenersi sempre in ricerca della verità.

Il quarto capitolo si intitola La formazione della coscienza morale e intende affrontare «il vissuto» e quindi anche il costituirsi «della coscienza morale al singolare, cioè considerando quelle caratteristiche che attengono al singolo in quanto singolo, nella sua unicità e storicità, nel suo essere natura umana e nel suo essere persona umana» (p. 99). Carlotti parte dalla considerazione di come il vissuto personale plasmi in maniera peculiare la formazione dell’autoconsapevolezza e, quindi, sottolinea l’importanza del rapporto fra biografia e coscienza, focalizzandosi fenomenologicamente sulle età della vita, sulla differenza sessuale, sul posizionamento culturale e religioso, sull’esperienza della malattia. Mette poi in evidenza la pluriforme relazionalità della coscienza, ovvero il fatto che «la persona umana è costitutivamente relazionata ad alterum e trova nella modalità interpersonale l’evenienza ad essa più propria e quindi quella maggiormente feconda per la realizzazione della sua identità» (p. 106). In particolare, egli considera le relazioni familiari, quelle elettive, quelle inerenti alla comunità e quelle che si realizzano nella società. Nell’analisi del percorso di formazione della coscienza morale appare imprescindibile la considerazione della coscienza morale in rientro dal male, ovvero dell’esperienza della coscienza di fronte alla colpa; del fenomeno della conversione; dell’efficacia terapeutica della vicinanza fraterna come contrasto al male; della riduzione del male come promozione del bene, nell’ottica della legge della gradualità.

Nell’ultima parte del capitolo si giunge quindi ad affrontare specificamente la formazione della coscienza. «In questa prospettiva emerge come decisiva la cura della veracità della coscienza, cioè della progressiva e crescente capacitazione del soggetto ad individuare e ad accettare con coraggio la verità morale, emancipandola, a qualunque costo, dalle manipolazioni e dalle autogiustificazioni surrettizie» (p. 126). In tale percorso risultano particolarmente rilevanti «la frequentazione di relazioni interpersonali moralmente significative e l’inserimento in comunità moralmente qualificate» (p. 128). Su questa base Carlotti sottolinea la necessità di tenere in adeguata considerazione il mondo affettivo ed emotivo; il ruolo della testimonianza pratica che deve integrare l’istruzione teorica; il ruolo della formazione alle virtù che deve integrare l’informazione normativa; insieme alla consapevolezza che la coscienza si forma, poi, nella misura del suo concreto esercizio.

Particolarmente significativo risulta il quinto e ultimo capitolo intitolato La coscienza morale cristiana che considera, appunto, lo «specifico cristiano della coscienza morale cioè la sua novità a partire dalla persona del Cristo, morto e risorto nella vita e nella storia dell’uomo. Questa novità non può non avere il suo culmine nella Pasqua del Cristo, dove si ha il fondamento cristico della morale cristiana, perché si realizza la possibilità dell’amare fino alla fine, sopprimendo la paura del perdersi o del perderci» (p. 18). La coscienza cristiana è inaugurata dunque dalla Pasqua che culmina nel dono dello Spirito. L’inabitazione dello Spirito che rende il cristiano partecipe della coscienza filiale di Cristo, permette di parlare di autonomia spirituale della coscienza cristiana, comprendendola in termini di autonomia teonoma e ponendola, in definitiva, nell’orizzonte della teologia morale delle virtù, con un implicito rimando al nesso stringente fra esperienza teologale ed esercizio della razionalità pratica.

Da questo quadro emerge la necessaria collocazione della coscienza cristiana nella comunione ecclesiale. Se, infatti, è necessario riconoscere l’ineluttabile precarietà della coscienza morale solitaria, anche su un piano genericamente umano, si deve altresì affermare, decisamente, il costitutivo rapporto fra la comunità dei credenti e la coscienza morale del cristiano, rapporto che impone di considerare anche l’imprescindibile legame che sussiste fra il magistero ecclesiale e la coscienza morale del credente, pur nella consapevolezza di come si debba prendere atto della evoluzione delle posizioni magisteriali in specifici ambiti della dottrina morale.

Nell’ultima parte del capitolo Carlotti considera la coscienza morale nel magistero di papa Francesco. Secondo l’autore, nell’insegnamento dell’attuale pontefice va riconosciuto, in particolare, «il passaggio da una prospettiva incentrata sull’oggetto morale […] ad una che muove dal soggetto morale e quindi si concentra non tanto sul prescrittivo ma sul performativo, senza naturalmente dimenticare o sminuire né l’oggettivo né il prescrittivo. In quest’ottica riceve spiccata considerazione la premura educativa e formativa, come chiave di volta e quindi di svolta, talora veramente risolutiva, delle più attuali e controverse questioni morali» (p. 167).

Le riflessioni relative al magistero di Francesco costituiscono, a mio avviso, l’approdo e la conclusione del saggio, non solo in senso materiale, ma anche formale.

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