Manifesto dei Professionisti della Salute per il superamento delle povertà sanitarie, condiviso dalla CEI.

955 500 Carlo Parenti
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Lo scorso 10 maggio a Verona, in occasione della prima delle tre tappe dedicate alle povertà sanitarie che mettono a confronto esperti del settore, economisti, ricercatori e rappresentanti istituzionali e professionisti sanitari e sociosanitari- è stato firmato il Manifesto per il superamento delle povertà sanitarie delle Federazioni e Consigli nazionali dei Professionisti della Salute condiviso dall’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI.

Per i professionisti della salute – si legge nel documento- il raggiungimento di obiettivi di salute, l’universalità, l’equità e la solidarietà dell’assistenza devono restare le finalità prioritarie del Servizio Sanitario Nazionale. Occorre dunque mettere in primo piano tali obiettivi, tra i quali la prevenzione, favorire concretamente la partecipazione dei cittadini e mettere i professionisti nelle migliori condizioni di perseguirli.

Sono molte, scrivono le 11 Federazioni e consigli, le ragioni per tutelare e potenziare il Servizio Sanitario, sintetizzate nelle parole del Capo dello Stato Sergio Mattarella che lo ha definito «un patrimonio prezioso, da difendere e adeguare», e ancora «presidio insostituibile di unità del paese».

Papa Francesco ha osservato che in Italia: «Ci sono persone che per scarsità di mezzi non riescono a curarsi, per le quali anche il pagamento di un ticket è un problema; e ci sono persone che hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari a causa di lunghissime liste d’attesa, anche per visite urgenti e necessarie! Il bisogno di cure intermedie poi è sempre più elevato, vista la crescente tendenza degli ospedali a dimettere i malati in tempi brevi, privilegiando la cura delle fasi più acute della malattia rispetto a quella delle patologie croniche: di conseguenza queste, soprattutto per gli anziani, stanno diventando un problema serio anche dal punto di vista economico, con il rischio di favorire percorsi poco rispettosi della dignità stessa delle persone». Parole – ricorda il Manifesto- quelle di Papa Francesco, che rispecchiano una situazione reale, suffragata da dati.

È di poco tempo fa (17 aprile 2024), si legge nel testo, la pubblicazione del Rapporto BES (Benessere equo e sostenibile) dell’Istat relativo all’anno 2023. Nel capitolo dedicato alla salute i dati sono allarmanti: aumentano a 4,5 milioni gli italiani che rinunciano a curarsi, sia per ragioni economiche sia, soprattutto, per effetto delle liste d’attesa. A far aumentare gli italiani che rinunciano alle cure – l’anno scorso erano poco più di 4 milioni – sono state proprio le attese troppo lunghe.

Secondo altri dati ISTAT sul cambiamento delle abitudini di spesa nel 2022 il 16,7% delle famiglie dichiarano di avere limitato la spesa per visite mediche e accertamenti periodici preventivi in quantità e/o qualità. Per l’ISTAT Il 4,2% delle famiglie dichiara di non disporre di soldi in alcuni periodi dell’anno per far fronte a spese relative alle malattie. I dati forniti dal precedente Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) relativo al 2022 documentano che la percentuale di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie – dopo i dati drammatici del periodo pandemico (9,6% nel 2020 e 11,1% nel 2021) – nel 2022 si è attestata al 7%, percentuale comunque maggiore a quella pre-pandemica del 2019 (6,3%). Secondo le statistiche ISTAT sulla povertà, tra il 2021 e il 2022, l’incidenza della povertà assoluta per le famiglie in Italia – ovvero il rapporto tra le famiglie con spesa sotto la soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti – è salita dal 7,7% al 8,3%, ovvero quasi 2,1 milioni di famiglie.

Secondo la stima della Sorveglianza Passi d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, nel biennio 2021-2022, oltre 3 milioni di anziani hanno rinunciato alle cure. Emerge poi che il 24% degli ultra 65enni avrebbe rinunciato ad almeno una visita medica o un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno, ovvero 1 anziano su 4 fra coloro che ne avrebbero avuto bisogno.

Infine, evidenzia il Manifesto, da un’indagine condotta dall’Istituto Piepoli per Fnomceo, in media, ad oggi gli italiani risparmiano il 10% delle proprie entrate per le spese sanitarie, ma tanti (il 23%) purtroppo vorrebbero ma non riescono a farlo.

Occorrono, dunque, interventi efficaci, di natura economica e strutturale, per scongiurare la compromissione del SSN. Le Federazioni e i Consigli Nazionali degli Ordini delle Professioni sanitarie e sociosanitarie – conclude il Manifesto- nell’ottica di contrastare le povertà sanitarie e le disuguaglianze nell’accesso alle cure chiedono:                  – Allo Stato, alle Regioni e alle Province autonome, di intensificare la collaborazione con le professioni sanitarie e sociosanitarie e con i loro Enti esponenziali, in quanto enti sussidiari dello Stato, al fine di assicurare un Servizio Sanitario Nazionale che garantisca effettivamente e uniformemente i diritti costituzionalmente tutelati dei cittadini, quale segno irrinunciabile di civiltà e di crescita sociale;

– Al Governo che siano rispettati i principi costituzionali di uguaglianza, solidarietà, universalismo ed equità che sono alla base del nostro Servizio Sanitario e ne confermano il carattere nazionale, garantendo la sostenibilità economica dei livelli essenziali di assistenza attraverso un coerente finanziamento del fondo sanitario nazionale;

– Al Governo e al Parlamento di adottare iniziative per parametrare il fabbisogno regionale standard anche in base alle carenze infrastrutturali, alle condizioni geomorfologiche e demografiche, nonché alle condizioni di deprivazione e di povertà sociale, condizioni che inevitabilmente determinano variazioni anche sui costi delle prestazioni;

– Al Governo e al Parlamento di agire in modo da garantire il superamento delle differenze tra i diversi sistemi sanitari regionali per il contrasto alle diseguaglianze nell’accesso alle cure all’assistenza;

– Al Parlamento di scongiurare il rischio che sia pregiudicato il carattere nazionale del nostro Servizio Sanitario e di addivenire quindi alle decisioni migliori per garantire l’equità nell’accesso alle cure a tutti i cittadini, come presidio di democrazia e di civiltà.

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