L’Intelligenza Artificiale ed il lavoro in via di estinzione

704 500 Antonio Lovascio
  • 0

di Antonio Lovascio · “Gli algoritmi vanno guidati!”. Più volte Papa Francesco affrontando di petto il tema e parlando delle opportunità che offre l’Intelligenza artificiale, ha messo in guardia anche sui rischi che questa rivoluzione del Terzo Millennio presenta per il futuro dell’uomo. Nell’ultimo numero de “Il Mantello della Giustizia” li ha analizzati con la consueta lucidità don Gianni Cioli. Qui vorrei riprendere e riflettere su quanto ha scritto a proposito degli effetti devastanti che avrà sulla perdita dei posti di lavoro, perché – se non verranno prese le necessarie contromisure – potrebbe portare a una disoccupazione di massa e al moltiplicarsi delle disuguaglianze. Solo in Italia, secondo una stima di Confartigianato, nei prossimi anni c’è il pericolo di veder tagliati non meno di 8 milioni di posti di lavoro. Sarebbe un dramma, dopo che, con la pandemia, abbiamo assistito al fenomeno delle dimissioni volontarie dal lavoro in tutti i Paesi occidentali, quale necessità di tanti di voler staccare la spina da ritmi e condizioni inadatte ai tempi di vita, oppure per esigenze famigliari. Ecco perché di fronte ad una disoccupazione ormai strutturale soprattutto di giovani (sarebbero circa centomila i “cervelli” in fuga all’estero), di settimane sempre più corte in fabbrica (in alcune grandi e medie industrie da cinque giorni si è già passati a quattro giorni), di contratti non rinnovati, di salari bassi, diritti approssimativi e scarsa protezione sociale, è ritornato di moda uno slogan (“Lavorare meno, lavorare tutti”) proclamato negli Anni Settanta nei cortei e nelle trattative sindacali. Trasferito nel nostro tempo, sarebbe una soluzione non facile da realizzare per la competitività delle imprese già danneggiate dall’emergenza Covid e dai pesantissimi riflessi delle guerre in corso.

Non trascurando che già alla fine del secolo scorso una riduzione dell’orario a parità di salario è stata applicata in Francia, mentre in Italia la sua mancata attuazione è stata causa della caduta del Governo Prodi ad opera di Bertinotti e Rifondazione, un interessante viaggio nel complesso mondo dell’occupazione in profonda trasformazione lo compie Pino Miglino (già caporedattore de “La Nazione”) nel saggio “Lavoro in via di estinzione” (Primamedia editore: 144 pag.; 15 euro). Pieno di dati statistici, di analisi a più voci sulla disoccupazione come malattia strutturale, sul ruolo dei sindacati e della politica, sugli esperimenti in corso nei principali Paesi industrializzati. Ben integrato da interviste-testamento raccolte da personaggi purtroppo scomparsi che il problema l’hanno vissuto e studiato a fondo, come Pierre Carniti ( pioniere di questa battaglia lanciata negli anni ’80), storico leader della Cisl, per carisma e originalità di pensiero propulsore del movimento sindacale italiano, un cattolico cremonese influenzato dagli insegnamenti di don Primo Mazzolari. O come il sociologo Domenico De Masi- scomparso nell’estate scorsa – che ci ha lasciato studi sul lavoro del presente ed anche sulle professioni del futuro. E in aggiunta le risposte di Piergiovanni Alleva, Agostino Megale e Susanna Camusso alle domande sempre più attuali e stringenti con l’imporsi dell’intelligenza artificiale.

Messa insieme tutta questa interessante documentazione, Pino Miglino conclude il suo saggio con una emblematica raffigurazione: “L’occupazione si trova oggi a navigare tra Scilla e Cariddi. Dove Scilla è la scandalosa disuguaglianza che riduce la domanda dei consumatori. E Cariddi è l’automazione che, contrariamente al passato, non riesce a creare un numero equivalente di posti rispetto a quelli che distrugge”. Ma l’autore alla fine non può non ricordare che “il sistema di far lavorare tutti, all’apparenza razionale, in una certa misura è già stato sperimentato sul pianeta Terra. Si chiamava comunismo. Ma si è rivelato un disastro. Non solo per aver tolto la libertà che agli Umani è assai cara. Insomma, come sintetizzava efficacemente il sociologo Domenico De Masi, “il comunismo ha dimostrato di saper distribuire la ricchezza ma di non saperla produrre, il capitalismo ha dimostrato di saper produrre ricchezza ma di non saperla distribuire”.

Ecco perché ha un senso sottolineare che questo inizio di ventunesimo secolo verrà ricordato per la fine della critica al sistema più diffuso in Occidente – il capitalismo appunto – che invece aveva caratterizzato buona parte del Novecento. Il capitalismo è diventato l’ambiente dentro il quale viviamo e ci muoviamo . E vi siamo talmente immersi da non avere più la capacità culturale di guardarlo per analizzarlo e correggerlo, di rivolgergli le domande fondamentali dell’equità, della giustizia, della verità. Come non dar ragione allora ad un autorevole studioso dei sistemi economici e della Dottrina Sociale come Luigino Bruni, editorialista di “Avvenire” e presidente della Scuola di Economia civile? In questa povertà di pensiero critico, si comprendono il valore e la portata storica delle riflessioni di Papa Francesco sull’economia, magistralmente e organicamente espresse nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium e nella Laudato Sì. “ Una bussola per i governanti ed il mondo attuale, condizionato dalla sua molteplice ed opprimente offerta di consumo.

image_pdfimage_print
Author

Antonio Lovascio

Tutte le storie di: Antonio Lovascio