di Giovanni Pallanti · Sin da bambino sono stato curiosissimo. Ho sempre cercato di capire anche le cose difficili. Quando all’asilo delle suore di via de’ Serragli a Firenze, sentivo parlare di Gesù Cristo figlio di Dio, ricordo che rimanevo stupefatto e perplesso. Tornavo a casa e chiedevo spiegazioni alla mia mamma Cesarina. Lei mi rispondeva semplicemente raccontandomi la storia di Gesù come se anche lei l’avesse vissuta, senza fare troppi discorsi inutili. Ho quindi imparato a concepire Gesù di Nazareth come una persona veramente esistita. La prova che Dio, puro spirito, ha incarnato il Verbo facendolo diventare un uomo come gli alti uomini. Per questo non mi sono mai meravigliato che in diverse epoche storiche, grandi uomini abbiano, nell’arte e nella scienza, dimostrato tutta la loro potenza creativa e cognitiva credendo, come un bambino curioso, in Gesù Cristo figlio di Dio. Michelangelo Buonarroti, scultore e pittore teologo, Galileo Galilei, scienziato, scrittore e poeta, Alessandro Manzoni, scrittore cattolico e illuminista, Dostoevskij, lo scrittore russo che ha raccontato la sofferenza degli esseri umani, il dolore della vita e la speranza in Cristo, tanto per citare alcuni uomini pienamente coscienti, hanno creduto in Gesù. Anche loro, al di là della fede come mito, hanno creduto in quest’uomo morto crocifisso e risuscitato per togliere i peccati del mondo: in base a quale valutazione scientifica o storica? Una risposta molto esauriente la da’ Giulio Busi nel suo <Gesù il re ribelle, una storie ebraica>, edizioni Mondadori, 2023.
Busi è professore ordinario alla libera università di Berlino, e ha scritto di mistica ebraica, di storia rinascimentale e della filosofia di Giovanni Pico della Mirandola, oltreché di Lorenzo de’ Medici, Michelangelo, Cristoforo Colombo e papa Giulio II. In <Gesù il re ribelle>, Busi sviluppa con estrema chiarezza una storia ebraica del maestro di Nazareth. Per Gesù Cristo, infatti, gli ebrei non sono mai <loro> ma <noi>, così come nei Vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca. E in quello di Giovanni , spesso considerato dai teologi come il più spirituale e meno storico, ma per Busi, invece, quello più preciso e veritiero sulla vita di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. In un dialogo serrato con la storia e i fatti narrati nei quattro Vangeli, Busi dimostra che il figlio di Dio è entrato nella storia del mondo circa duemila anni fa, predicando e testimoniando la sua esistenza fra gli ebrei e poi con Pietro, gli Apostoli e San Paolo a tutto il mondo.
Il professore di ebraismo dell’università di Berlino, spiega così come da duemila anni la Chiesa cristiana (cattolica e ortodossa) ha potuto attraverso i travagli della storia mondiale, continuare a testimoniare la parola e la presenza di Gesù. Alla fine della lettura di questo libro di fondamentale importanza, viene alla mente il paradosso di Dostoevskij che per abbattere ogni dubbio, ricordava che lui <anche se Gesù Cristo non fosse il figlio di Dio comunque sarei dalla sua parte>. Così dicendo, Dostoevskij definiva il Santissimo contro ogni vento razionalista e miscredente. Lo stesso si può dire quando il francescano padre Paolo Benanti, uno dei maggiori esperti internazionali dell’Intelligenza artificiale, professa Gesù come vero Dio e vero uomo, essendo uno dei maggiori esperti di quel mondo ai limiti del reale come quello della scienza applicata alla forma più divina dell’uomo, l’intelligenza, che lo distingue da ogni altro essere vivente.