“La speranza non delude” (Rm 5,5). Riflessioni a margine della Bolla di indizione del Giubileo del 2025

Come emerge con evidenza dall’incipit, ovvero dal titolo: «Spes non confundit (La speranza non delude)» (Rm 5,5), della Bolla d’indizione, il messaggio centrale del Giubileo del 2025, nelle intenzioni del papa, dovrà essere quello della speranza. Non è difficile ipotizzare le ragioni di questa scelta di Francesco. In un momento storico contrassegnato da molteplici esperienze che spingono alla paura e favoriscono un sentimento deprimente di disillusione collettiva (cambiamenti climatici, pandemia, crisi economica, terrorismi e guerre in atto contrassegnate da inaudita atrocità e, soprattutto, lo spettro di un conflitto mondiale nucleare), il papa auspica che il Giubileo possa «essere per tutti occasione di rianimare la speranza» (1).

Certo, la speranza cristiana che il papa vuole aiutarci a riscoprire in occasione del Giubileo, non è una banale speranza umana che, come tale, tenderebbe fatalmente a risolversi nell’illusione che “andrà tutto bene…”. La speranza che non delude, a cui si riferisce Francesco, è quella che non può prescindere dalla fede in Dio e dall’amore di Dio, ovvero dalla carità. È la speranza virtù teologale.

Non a caso la riflessione che il papa sviluppa prende le mosse dalla Lettera di san Paolo ai Romani nella quale il discorso sulla speranza viene a collocarsi strutturalmente al centro della riflessione elaborata dall’Apostolo, a mo’ di cerniera fra le considerazioni sulla fede e quelle sull’amore/carità (agape) (2-4).

L’amore, dunque, nella Lettera ai Romani, è in primo luogo quello di Dio, manifestatosi nella morte di Cristo per i peccatori (cf. Rm 5,6-11) e donato ai credenti in virtù dello Spirito. Tale amore, ricevuto in dono, diventa poi, nel cristiano, la logica determinante e la forza trainante della vita concreta, il paradigma della verità delle relazioni personali. Nell’ambito delle relazioni umane, peraltro, la verità dell’amore tende a manifestarsi appieno proprio nelle difficoltà.

La virtù della speranza, come del resto la fede e l’amore/carità, in quanto virtù teologale, è una disposizione personale che per ha per oggetto Dio, che è donata da Dio ed è da lui rivelata per mezzo della sua parola. Essa non perde comunque di vista le realtà terrene: «Come insegna la Sacra Scrittura, la terra appartiene a Dio e noi tutti vi abitiamo come “forestieri e ospiti” (Lv 25,23). Se veramente vogliamo preparare nel mondo la via della pace, impegniamoci a rimediare alle cause remote delle ingiustizie, ripianiamo i debiti iniqui e insolvibili, saziamo gli affamati» (16).

Per papa Francesco il prossimo Giubileo, dunque, dovrà essere in primis «un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio». Ma dovrà, altresì, aiutarci «a ritrovare la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, nelle relazioni interpersonali, nei rapporti internazionali, nella promozione della dignità di ogni persona e nel rispetto del creato». L’auspicio è che, davvero, la «testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (cfr. 2Pt 3,13), dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore».

In conclusione, il papa ci esorta a lasciarsi «fin d’ora attrarre dalla speranza» e a permettere «che attraverso di noi diventi contagiosa per quanti la desiderano. Possa la nostra vita dire loro: “Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore” (Sal 27,14). Possa la forza della speranza riempire il nostro presente, nell’attesa fiduciosa del ritorno del Signore Gesù Cristo, al quale va la lode e la gloria ora e per i secoli futuri» (25).