La riforma della Chiesa e liturgia

Tale rinnovamento a trecentosessanta gradi poteva inverarsi, non attraverso progetti pastorali o catechetici, né tanto meno attraverso speculazioni filosofiche o teologiche, ma a partire dal luogo della liturgia, tanto da poter affermare che «senza riforma liturgica non c’è riforma della Chiesa». Quest’ultima, diversamente da chi la considera semplicemente un “ammodernamento” ecclesiale, ha sempre a che vedere con la questione della fedeltà a Cristo. Una fedeltà, descritta dal Papa, in termini sponsali, per cui «la Chiesa Sposa sarà sempre più bella quanto più amerà Cristo Sposo, fino ad appartenergli totalmente, fino alla piena conformazione a Lui».

Per quale motivo è necessario partire proprio dalla liturgia per avviare un’autentica riforma della Chiesa? In quanto essa «è il luogo per eccellenza in cui incontrare Cristo vivo. Lo Spirito Santo, che è la preziosa dote che lo Sposo stesso, con la sua croce, ha provveduto per la Sposa, rende possibile quella actuosa participatio che continuamente anima e rinnova la vita battesimale».

Ribadire la priorità dell’azione di Dio sull’idea di una ministerialità diffusa, in cui si cerca di allargare le modalità di servizio all’interno della Chiesa in riferimento ai diversi carismi, significa al tempo stesso recuperare il vero senso di “riforma” della Chiesa, che consiste non tanto nel mettere in pratica programmi di natura pastorale al fine di raggiungere un particolare obiettivo, ma nell’assumere quell’atteggiamento consapevole del fatto che il vero protagonista della storia è e rimane Dio, il quale a sua volta rende protagonista ogni credente affinché possa vivere la propria vocazione. È lo Spirito Santo, in altre parole, a inverare quell’actuosa participatio tanto auspicata dalla Sacrosanctum Concilium, e non un allargamento della ministerialità.

Insieme al riconoscere la preminenza dell’azione divina nella storia della Chiesa, è importante anche avviare una vera e propria formazione liturgica, a partire dalla liturgia, e cioè da quel luogo in cui il Padre, per mezzo del Figlio e nello Spirito Santo continua a comunicarsi alla comunità, rivelando simultaneamente Se stesso e il destino di ogni uomo e donna, vale a dire ciò per cui ciascuno è stato creato. Una formazione, dunque, non per sollecitare i pochi addetti ai lavori a chissà che tipo di approfondimento sistematico, ma per sensibilizzare l’intero popolo di Dio, rendendolo sempre più consapevole di quella realtà che è capace di accadere (attraverso l’evento liturgico) anche a prescindere dalla preparazione teologica e culturale di ogni credente. «Ciò naturalmente – spiega ancora Francesco – non esclude che vi sia una priorità nella formazione di coloro che, in forza del sacramento dell’Ordine, sono chiamati ad essere mistagoghi, cioè a prendere per mano e accompagnare i fedeli nella conoscenza dei santi misteri». A tal fine il Papa incoraggia una sinergia sempre più profonda e radicata tra i diversi Dicasteri, in modo tale che «se “la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia” (SC 10), occorre fare in modo che anche la formazione dei ministri ordinati abbia sempre più un’impronta liturgico-sapienziale, sia nel curriculum degli studi teologici sia nell’esperienza di vita dei seminari».

In questo discorso Papa Francesco offre un ulteriore stimolo all’ecclesiologia per comprendere l’autentico significato di “riforma della Chiesa”, rintracciando quel luogo in cui è possibile far scaturire una vera renovatio, personale e comunitaria: la liturgia.