Un cattivo esempio di giornalismo e un pessimo caso di gestione della giustizia.

661 500 Gianni Cioli
  • 0

di Gianni Cioli · La pubblicazione di stralci del colloquio, avvenuto in carcere nel dicembre 2023, di Nicola Turetta con il figlio Filippo, ha suscitato molte discussioni. Immagini del colloquio e imbarazzanti contenuti del medesimo sono rapidamente rimbalzati su numerose testate giornalistiche nazionali che hanno enfatizzato le frasi nelle quali il padre cercava di consolare il figlio, detenuto per l’omicidio di Giulia Cecchettin, con considerazioni che suonano obbiettivamente scioccanti, ma che avrebbero dovuto essere contestualizzate al caso di un padre che cercava, disperatamente, di consolare un figlio disperato e a rischio di compiere gesti estremi. «Ero solo un padre disperato», ha poi, in effetti, spiegato Nicola Turetta. «Chiedo scusa, certe cose non si dicono nemmeno per scherzo, lo so. Ma in quegli istanti ho solo cercato di evitare che Filippo si suicidasse» (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/le-scuse-di-nicola-turetta ).

La divulgazione giornalistica del colloquio del 2023 ha suscitato reazioni contrastanti. C’è chi ha espresso il suo sdegno e la sua rabbia sui social media, affermando che l’atteggiamento di Nicola Turetta dimostrerebbe una mancanza di responsabilità e comprensione, perpetuando una cultura di violenza e impunità (vedi ). C’è chi, invece, ha espresso serie perplessità sull’opportunità di diffondere le intercettazioni, ponendo l’accento sulla delicatezza della situazione di un padre in visita al figlio in carcere (https://www.today.it/tv/news/padre-filippo-turetta-mentana.html ).

È evidente che il caso tocca temi delicati come il diritto alla privacy, l’etica giornalistica e la responsabilità dei media nel trattare contenuti che posso tradursi in vere e proprie gogne mediatiche. Ma, soprattutto, quanto è avvenuto deve far riflettere sulla responsabilità di chi, nell’ambito del sistema giudiziario, dovrebbe garantire la riservatezza di dati sensibili.

Personalmente sono convinto che tutta questa vicenda si configuri come una brutta pagina di giornalismo e, soprattutto, come un pessimo esempio di gestione della giustizia. Non ho difficoltà ad affermare che si tratta di un episodio di gravità inaudita su cui si dovrebbe riflettere con attenzione per studiare, sulla base dei codici deontologici e giuridici vigenti (e sempre perfezionabili), come contrastare questo tipo di derive.

La gravità morale di scelte giornalistiche che, come in questo caso, sembrano voler spettacolarizzare morbosamente le reazioni e le affermazioni di persone vulnerabili, piuttosto che rispettarne la sofferenza e i diritti, è stata sottolineata dal segretario dell’Unione Camere Penali, Rinaldo Romanelli in una dichiarazione rilasciata all’Agenzia ANSA: «Crocifiggere queste persone che stanno vivendo una tragedia è immorale. La pubblicazione delle intercettazioni dei genitori di Turetta è un fatto grave. Non aggiunge nulla alle indagini né alla cronaca, si tratta solo di voyerismo fuori luogo che rischia peraltro di mettere a repentaglio la stessa incolumità di due persone che, non solo non hanno commesso alcun reato, ma si trovano a vivere un’atroce sofferenza» (vedi).

Suonano quanto mai opportune anche le affermazioni, in merito alla vicenda, di Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti: «Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato. […] Non è in gioco la terzietà del giudice – ha puntualizzato Bartoli – così come da quel colloquio non emerge alcun elemento rilevante per le indagini e, quindi, di interesse pubblico. Serve rispetto per il dolore dei genitori di Turetta e rispetto per il rinnovato e atroce dolore dei familiari della vittima» (vedi).

La seria ipotesi di una violazione della Legge, da parte di chi abbia trasmesso i contenuti delle registrazioni del colloquio ai media, è stata, a mio avviso giustamente, sollevata dal senatore e capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia a Palazzo Madama, Pierantonio Zanettin, che ha annunciato anche di aver presentato una interrogazione al ministro della Giustizia: «Prima il tabloid “Giallo” e poi i principali quotidiani – ha dichiarato Zanettin – hanno pubblicato le intercettazioni e le immagini di un incontro tra Filippo Turetta e i suoi genitori avvenuto il 3 dicembre dello scorso anno. Si tratta di materiale che fa parte del fascicolo del processo che si celebrerà davanti alla Corte di assise di Venezia il prossimo 23 settembre. Quanto accaduto fa sorgere una serie di domande che credo meritino una risposta. Per quali esigenze investigative sono stati intercettati i colloqui tra i genitori e Filippo Turetta, che è reo confesso? Chi ha diffuso le intercettazioni e le foto? È evidente che quel materiale non ha alcuna rilevanza processuale: si tratta solo di voyeurismo su sentimenti di umanità familiare. Ho perciò presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia per sapere se intenda assumere iniziative ispettive e verificare, così, possibili violazioni di legge» (vedi).

image_pdfimage_print