Il sentimento di solitudine e disagio, specie giovanile, nel mondo «a-social».

960 416 Carlo Parenti
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di Carlo Parenti · Il Presidente Mattarella a Cagliari il 16 settembre 2024 ha inaugurato l’anno scolastico 2024/2025.

Nel suo denso discorso (vedi) su cosa significhi fare scuola oggi in Italia il Presidente si è soffermato tra l’altro sul fenomeno della crescita del disagio giovanile e del sentimento di solitudine crescente di una generazione che alcuni definiscono “a-social”.

Siamo immersi –ha ricordato Mattarella- in un cambiamento impetuoso a livello globale. Che ci costringe, di continuo e in ogni ambito, a fare i conti con nuove e sorprendenti realtà. La scuola non può restare ferma ma si deve inserire efficacemente nell’innovazione e nel cambiamento, così da contribuirvi, rendendo i ragazzi e le ragazze protagonisti di questo cambiamento.

Il futuro non deve incutere paura. I nuovi orizzonti sono essi stessi frutto dell’ingegno e dell’opera umana. Il nodo della questione […]non riguarda le nuove scoperte e le nuove intuizioni, ma l’uso – benefico o fraudolento – che se ne intende fare. I processi di conoscenza e di nuove opportunità non si arrestano, ma bisogna governarli e orientarli al bene comune.

I giovani sono più avanti nella conoscenza digitale. Ne hanno fatto strumento di vita quotidiana.

La tecnologia e il suo uso -ha ammonito però il Presidente “non devono diventare una barriera di incomunicabilità, un territorio recintato, distinto, divisivo, tra mondo giovanile e società degli adulti.”

“Non possiamo e non dobbiamo abbandonare i ragazzi a una chiusura solitaria, in un mondo dominato dalla tecnologia in cui talvolta rischiano di essere imprigionati. Lo smartphone, ragazzi, è uno strumento che aiuta, prezioso nella vita quotidiana, ma non è, non rappresenta la vita, che è molto più complessa, più ricca, più emozionante. Non possiamo correre il rischio che lo strumento tecnologico, in continua evoluzione, assorba la quasi totalità dell’attenzione e delle relazioni della vita.”

Mattarella ha così proseguito: “La scuola e l’università, ha scritto Umberto Eco, sono luoghi in cui “le persone si incontrano ancora a faccia a faccia, in cui giovani e studiosi possono capire quanto il progresso del sapere abbia bisogno di identità umane reali e non virtuali”.

Qui osservo che papa Francesco ricorda sempre che si è persona solo se si è in reale (non virtuale) relazione con gli altri.

La scuola –ha sottolineato dunque il Presidente- è un percorso di convivenza, di legalità, di libertà. Libertà di pensiero, naturalmente. Ma anche libertà da quegli ostacoli – di natura materiale o psicologica – che impediscono la corretta maturazione delle coscienze.

Vi è oggi disagio tra i giovani, tra i giovanissimi. È un disagio che si mescola e si sovrappone alle loro straordinarie qualità e a grandi generosità di cui sono capaci. Non è sempre facile interpretare e a volte la cortina dell’incomunicabilità è talmente spessa che, per genitori e insegnanti, diventa difficile anche soltanto parlarne.

Occorre –ha infine esortato Mattarella- rompere il muro delle solitudini e quello del silenzio. Andare incontro. Ascoltare. Offrire possibilità. Costruire occasioni di dialogo, di socialità, di crescere insieme. Senza dialogo, senza umanità, senza empatia, non ci sarà progresso. Nessun progresso tecnologico può esaudire il desiderio di una vita piena, ricca di relazioni, di affetti, di emozioni, di serenità.

Il disagio giovanile è una grande e urgente questione nazionale, che va affrontata con tutto l’impegno e i mezzi a disposizione. Senza indulgenze o lassismi, che sono peraltro diseducativi, ma senza neppure nutrire l’idea che tutto possa essere risolto attraverso l’illusione di un’ottica esclusivamente securitaria.”

Queste le riflessioni del nostro Presidente sul disagio giovanile e sul ‘muro delle solitudini’.

Ma quali le cause o concause e quali sono le stime numeriche di tali fenomeni emergenziali?

Sicuramente un uso smodato, incontrollato e assorbente dei social. Ha contribuito assai il periodo del Covid e dei lock down. Io stesso mi sono stupito del tempo che vi dedicavo, invece di leggere ad esempio libri. Medici e psicologi ci avvisano dei pericoli per la salute psico-fisica, in particolare problemi di salute mentale, tra cui ansia, depressione, problemi di immagine corporea. Studi internazionali suggeriscono future strategie di salute pubblica per promuovere il benessere mentale. Gli adolescenti dovrebbero, si ipotizza, mirare alla riduzione del tempo davanti allo schermo e all’aumento dell’attività fisica contemporaneamente. 

Per Paolo Crepet: “non dobbiamo dimenticare che tra gli effetti nefasti ci sono anche distorsioni delle capacità cognitive e un calo di memoria e di attenzione” (cfr. ‘Avvenire’ del 4 aprile 2023, p 11: Chiusura, isolamento, paura di Fulvio Fulvi). Crepet riflette sul fatto che i social in realtà non favoriscono le relazioni e le condivisioni tra le persone e fa un esempio. “Se una ragazzina si fa un selfie e lo posta perché il mondo lo veda, a contare è solo la sua rappresentazione visiva, tutto il resto resta in secondo piano. È ora di mettere un argine, i ‘social’ in realtà dovrebbero chiamarsi ‘a-social’, visto che predicano l’assoluta solitudine.”

Inoltre, suggerisce per avviare una cura del fenomeno un ruolo per la scuola che “nel nostro paese sembra indenne dalle riforme. È da Gentile che non se ne fa una seria. Eppure, nel frattempo il mondo è cambiato”. Infine, Crepet è d’accordo nel vietare i cellulari nelle scuole, anche agli insegnanti, e propone di insegnare, una o due ore a settimana, come fare seriamente ricerche sul web, cioè come usare Google o Youtube.

Quanto invece alle percentuali sul fenomeno del sentimento di solitudine nei giovani in Italia nella fascia di età tra 18 e 34 anni si riscontra la quota più alta -il 32%- di chi dichiara di patire «spesso» per un senso di isolamento.

In generale cioè – dati del Sole 24 Ore- tra tutti gli italiani in assoluto ca il 55% dichiara di soffrire di solitudine: e precisamente il 37% solo a volte e il 18% «spesso»; di questo 18% appunto il 32% ha una età tra 18 e 34 anni. Un livello quest’ultimo che scende al 21% tra chi ha invece più di 55 anni. L’età più protesa verso la progettualità è, dunque, quella a cui la solitudine sta erodendo prospettive, mentre gli anziani sembrano reagire meglio.

Significativi i dati di una ricerca in USA (cfr ‘Internazionale’ 20/26 settembre 2024, pag 46) riportati dal The New York Times. Il 36 % del campione ha dichiarato di essersi sentito sempre solo nel mese precedente e il 37% ha dichiarato di esserci sentito occasionalmente o sporadicamente. Le due percentuali danno un totale di disagio del 73%. L’uso dei social e l’individualismo, causato nel mondo occidentale dai modelli anche economici di competitività e successo nonché del desiderio del solo apparire piuttosto che essere, ci stanno rendendo sempre più soli e tristi.

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