Il ruolo strategico della scuola nel rapporto Draghi.
di Stefano Liccioli · Il 9 settembre scorso è stato presentato il rapporto di Mario Draghi su “Il futuro della competitività europea”. L’analisi dell’ex-premier e governatore della BCE prende spunto dal fatto che l’Europa, dall’inizio del secolo, sta rallentando la crescita. Il tasso di crescita del 2015 può mantenere il PIL costante fino al 2050. Il calo di produttività dell’Europa pregiudicherà il modello sociale del Vecchio Continente costringendo probabilmente a ridimensionare le sue ambizioni, senza essere più certo di poter assicurare ai suoi cittadini valori come prosperità, equità, pace in un ambiente sostenibile.
Tra le strategie più efficaci per contrastare questa tendenza e diventare così più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale, Draghi individua il rafforzamento delle competenze della forza lavoro europea. I sistemi d’istruzione e formazione, infatti, non riescono a preparare la futura manodopera ai cambiamenti tecnologici. In base ai rapporti OCSE PISA i punteggi più alti nei livelli d’istruzione sono registrati dai Paesi asiatici, mentre l’UE mostra un inedito declino. Secondo risultati standardizzati PISA nel 2022, per esempio, solo l’8% degli studenti dell’UE ha raggiunto un livello elevato di competenze in matematica e il 7% in lettura e scienze. Il numero di laureati in materie STEM (un acronimo che sta per Science, scienza, Technology, tecnologia, Engineering, ingegneria e Mathematics, matematica), seppur in aumento, non è in grado di soddisfare il fabbisogno della domanda di lavoro in ambito STEM. È in questo settore che Draghi propone di adottare interventi mirati per affrontare le carenze più gravi sia nella preparazione di base sia in quella continua, fondamentale per aggiornare le competenze dei lavoratori durante la loro vita.
L’ex-premier ha indicato anche altre cinque competenze fondamentali: competenze digitali, quelle relative alla transizione verde, quelle specialistiche di tipo tecnologico, le competenze trasversali (creatività, lavoro di squadra, comunicazione) ed infine le competenze gestionali. Per il raggiungimento di questi obiettivi è fondamentale che i sistemi di istruzione e formazione iniziale siano moderni, inclusivi e di alta qualità così come è necessario che lo sviluppo professionale del personale della scuola sia supportato e “ricompensato in modo appropriato”.
Non ho la presunzione di muovere critiche o offrire riconoscimenti al Rapporto di Draghi che ha lavorato in maniera documentata ed approfondita. Mi limito a fare alcune sottolineature che sono altrettanti interrogativi. L’ex-governatore della BCE, per esempio, ragiona in tutto il suo studio considerando l’Europa come un soggetto unitario (basta pensare alla sua proposta di creare un sistema europeo di certificazione delle competenze): quella dell’unitarietà mi sembra più un obiettivo da raggiungere che un elemento di partenza, considerando la persistente disomogeneità delle scelte politiche dei paesi UE in settori strategici come quello degli investimenti nell’ambito dell’istruzione.
Inoltre nel suo rapporto Draghi mette in evidenza che entro il 2040 la previsione è che la forza lavoro si ridurrà di quasi due milioni di lavoratori all’anno. Secondo l’autore per condurre la crescita dovremo fare più affidamento sull’incremento produttività. Personalmente penso che l’altra strada percorribile potrebbe essere l’aumento della natalità in tutti i Paesi UE, in primis l’Italia. Tale aumento non deve essere interpretato come un obbligo a fare più figli, ma come una maggiore libertà a fare figli per chi desidera averne, senza essere condizionati da vincoli economici e sociali. Una società che si rinvigorisce grazie alle nuove generazioni non è solo una società che ha più forza lavoro, ma è una società che ha più fame di futuro.
Un’ultima mia osservazione riguarda l’importanza che viene data alla discipline STEM in ordine all’aumento della produttività dell’UE. Da docente di materie umanistiche non voglio fare un discorso pro domo mea, ma mi limito ad avanzare un dubbio: siamo sicuri che anche le discipline umanistiche non siano altrettanto decisive come quelle scientifiche per fornire competenze seppur diverse, ma comunque necessarie per la crescita auspicata da Draghi per l’Europa? Vale la pena ricordare che l’ex-premier italiano ha conseguito la maturità classica presso il “Massimo”, il liceo romano dei Gesuiti.