di Giovanni Pallanti · L’11 agosto 1944 Firenze fu liberata dalle truppe anglo americane e dai partigiani. Tra questi patrioti che insorsero in armi contro i nazifascisti, c’erano i comunisti delle Brigate Garibaldi, i socialisti delle Brigate Matteotti, gli azionisti delle formazioni di Giustizia e libertà e i democratici cristiani delle Brigate del popolo. La storiografia resistenziale ha sempre fatto riferimento ai cattolici nella Resistenza, perché i comunisti non volevano evidenziare che fra i partigiani c’erano anche gli aderenti alla nascente Democrazia cristiana, che cominciò a organizzarsi sin dall’inizio del 1943.
A Firenze ci furono due parroci che si distinsero nelle due parti della città divise dall’Arno, per una partecipazione attiva alla Liberazione: nella parrocchia dei SS. Gervasio e Protasio, dove era parroco monsignor Carlo Pio Poggi, e in quella di San Felice in piazza, dove era priore monsignor Bruno Panerai, che fu nominato su proposta di La Pira, grand’ufficiale della Repubblica per la sua partecipazione alla resistenza antifascista. Intorno a questi due sacerdoti si formarono dei giovani cattolici che parteciparono ai combattimenti per la liberazione di Firenze sulla linea del fiume Mugnone. Fra questi Cesare Matteini, Rinaldo Bausi, Ennio Gini, Amedeo Cerboncini e altri che dettero vita alla Brigata del popolo di Firenze. Insieme a gruppi di giovani cattolici, fra cui Gino Batisti, Giovanni Bondi, Renato Cappugi.
Tutti questi poi, successivamente, ebbero incarichi di primo piano nella Dc del capoluogo toscano. Questi giovani uomini, espressione di una coscienza sociale, politica e culturale anticonformista nel mondo cattolico fiorentino, erano stati influenzati dal ruolo silenziosamente operante del cardinale Elia Dalla Costa, di Giorgio La Pira e dai parroci e sacerdoti a lui più vicini, come appunto i monsignori Panerai e Poggi e don Leto Casini, erano in realtà una minoranza del laicato cattolico. Nel movimento resistenziale c’erano dei grandi intellettuali e politici cattolici e antifascisti sostanzialmente isolati dal mondo cattolico, che era stato egemonizzato dall’ingombrante presenza di Giovanni Papini, fascistissimo fino alla conclusione della guerra nel 1945. Questi intellettuali antifascisti svolsero un ruolo importantissimo a Firenze e a livello nazionale. Si tratta di Attilio Piccioni, già collaboratore di Piero Gobetti sulla <Rivoluzione liberale> e avversario di Mussolini dagli anni Venti del Novecento, Vittore Branca, membro del Ctln per conto della Democrazia cristiana e Franco Zeffirelli, partigiano combattente sul Monte Giovi. Attilio Piccioni sarà il primo segretario provinciale della Dc di Firenze dall’11agosto 1944, poi segretario nazionale dello scudocrciato e vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri e considerato successore di Alcide De Gasperi. Vittore Branca, cittadino onorario di Firenze, diventò professore ordinario di Letteratura italiana all’università di Padova e il maggior esperto mondiale di Giovanni Boccaccio, il che gli rese una fama internazionale. Infine fu nominato presidente della prestigiosa Fondazione Cini di Venezia. Nell’immediato periodo successivo alla liberazione di Firenze, Branca fece parte della direzione collegiale de La Nazione del popolo. Non si può inoltre dimenticare che Adone Zoli e suo figlio Giancarlo vennero arrestati dalla Banda Carità, alle dipendenze delle SS tedesche, e furono rilasciati per un intervento del cardinale Dalla Costa. Adone Zoli fu nominato dal Ctln vicesindaco di Firenze insieme a Mario Fabiani, essendo sindaco Gaetano Pieraccini. Adone Zoli diventerà poi Presidente del Consiglio dei Ministri. Questi uomini vanno ricordati per sottolineare l’importante contributo dato dal democratici cristiani alla lotta antifascista a Firenze e nelle città del centro nord Italia.