«Coloro che sono considerati a governare le nazioni… »
di Stefano Tarocchi • Dedichiamo queste brevi note a un tratto poco conosciuto della tradizione evangelica. Siamo nella sezione del viaggio, sulla strada che lungo la via del Giordano dalla Galilea conduce a Gerusalemme Gesù ha appena dato per la terza volta l’annuncio della passione (Mc 10,32-34). Anche dopo il secondo annuncio (Mc 10,30-32), appena Gesù con i discepoli arriva a Cafarnao, il Vangelo registra una discussione tra i discepoli, in dissonanza con il suo insegnamento: chi è il più grande fra loro?
Adesso c’è una novità in questo momento particolare: se nel Vangelo di Marco sono direttamente i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni (e nel Vangelo di Matteo, invece direttamente la madre di questi, insieme ai suoi figli) a fare una domanda cruciale a Gesù a riguardo del loro ruolo futuro: «concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37).
Per di più, nel solo vangelo di Marco, questa domanda è preceduta da una sorta di premessa dal tono manipolativo e infantile: «vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo» (Mc 10,35). Si registra inoltre anche la reazione degli altri dieci discepoli, che si indignano con Giacomo e Giovanni. Non è dato sapere quanto siano sinceri…
È qui che si succede l’insegnamento più grande di Gesù sul ruolo che compete a coloro che vogliono essere suoi discepoli: si avvertono sfumature interessanti sul ruolo del potere che vorremmo riprendere in queste note.
Così in Marco: «voi sapete che coloro i quali sono considerati governare le nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono» (Mc 10,42). Anche Mt 20,25 nella sostanza ripete le medesime parole, ma omettendo quella nota particolare, tipica del primo vangelo. Luca. che modifica il racconto della triplice tradizione limitandosi ad alludere una disputa dei discepoli su chi fosse il più grande, scrive: «i re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati “benefattori”».
Dal vangelo di Marco, appare come una chiara critica del potere in sé stesso. C’è in sostanza una sorta di scetticismo nei confronti del potere, espresso anche dalla preposizione katà che precede il verbo “dominare” e anche il verbo “avere autorità”, che diventano così “dominare verso il basso”, tanto da “schiacciare”, e, conseguente, “opprimere”. Infatti, a differenza di Matteo (che però usa i due medesimo verbi nell’accezione che abbiamo evidenziato), il Vangelo secondo Marco aggiunge indicando gli uomini di potere come coloro che sono ritenuti comandare le nazioni straniere. Un potere che devasta, ma che è solo un’apparenza, in coloro che mostrano di assumerlo: un ridimensionamento, quando il potere prende questa deriva devastante.
Anche il Vangelo secondo Luca parla di re delle nazioni straniere, e poi aggiunge che quelli che esercitano un’autorità si fanno chiamare benefattori. Il titolo di benefattore era assai diffuso nel mondo ellenistico tra i sovrani: si addiceva (e forse si addice?!) a coloro che si presentano come quanti fanno del bene. Non a caso leggiamo nel libro degli Atti che «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò facendo del bene e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38).
Sono tratti di una autorità che evidentemente viene esercitata con il solo scopo di schiacciare quanti le sono sottoposti. Qualunque autorità.
Il potere di governanti senza scrupoli non può essere assunto come modello di quanti, come i Dodici, sono chiamati a esercitare un ruolo nella comunità dei credenti. Non potrebbe esserci antitesi più grande con quello che segue riferito ai medesimi discepoli che hanno posto la questione, E stavolta in riferimento allo stesso Gesù che ha chiamato i discepoli al suo servizio: «tra voi però non è così – si usa proprio il presente! –; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore (diákonos) e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo (dúlos) di tutti. Anche il Figlio dell’uomo, infatti, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,43-45).