Alcune considerazioni sul «nuovo diritto di aborto»

di Leonardo Salutati · Il 4 marzo 2024 la Francia ha introdotto nella sua Costituzione (art. 34) il diritto per la donna di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza nelle prime quattordici settimane (Code de la santé publique, art. L2212-1). Seguendo la Francia, poi, l’11 aprile 2024 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non vincolante, chiedendo di inserire nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE il “diritto” all’aborto, considerato diritto fondamentale della persona.

Relazione annuale del Ministero della Salute sulla attuazione della legge 194/78 tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza – dati 2021, trasmessa al Parlamento il 12 settembre 2023, in cui si evidenzia che l’obiezione di coscienza in Italia non incide sull’accesso all’aborto. Infatti, testualmente: «L’analisi dei carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore non sembra evidenziare particolari criticità nei servizi di IVG, a livello regionale o di singole strutture. Alla luce di tali dati, eventuali problematiche nell’offerta del servizio IVG potrebbero essere riconducibili all’organizzazione del servizio stesso, e non alla numerosità del personale obiettore. Il consultorio familiare rappresenta un servizio di riferimento per molte donne e coppie, promuovendo scelte consapevoli, anche per quanto riguarda il percorso IVG» (p. 14).

Nella Risoluzione del Parlamento Europeo, come pure nella variazione costituzionale francese, non si menziona mai il concepito. I valori considerati sono la «la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti, compresa l’assistenza per un aborto sicuro e legale, [che] costituiscono un diritto fondamentale che devono essere tutelati e rafforzati, e che non possono in alcun modo essere indeboliti o revocati». Ne risulta che la tutela della salute sessuale e riproduttiva della donna elimina del tutto, dalla visuale della legge, l’esistenza stessa del concepito e la possibilità di predisporne una tutela, negando i diritti del nascituro, ridotto a cosa. Non vi è spazio per un bilanciamento del “nuovo diritto all’aborto” e la tutela della vita prenatale, per quanto sia ormai da tempo assodato il «dato scientifico obiettivo dell’autonomia biologica del feto, che pure si riconosce generalmente essere “geneticamente, immunologicamente, eticamente e giuridicamente” altro dalla madre» (Liserre A., In tema di danno prenatale, 2002), configurando così un diritto parziale, che tutela solo una parte rimuovendo l’altra, indipendentemente dalla complessità della realtà che esibisce la presenza di una seconda vita, di cui non può negarsi la dignità umana e che reclama una adeguata protezione.

Senza considerare che anche l’obiezione di coscienza è considerato dallo stesso Parlamento Europeo «un vero e proprio diritto soggettivo, intimamente connesso all’esercizio delle libertà individuali» (Risoluzione 89/59 della Commissione per i Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite), però quando ciò riguarda altre problematiche, ma non nel caso del supposto “diritto di aborto”, manifestando quantomeno una palese contraddizione.

Riguardo ai “nuovi diritti” Papa Francesco, nel suo Discorso del 2018 ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede in occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, constatava che, nel corso degli anni, «soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del “Sessantotto”, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi, così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro». Ciò ha condotto all’affermazione di nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, aprendo la strada al fatto, per certi versi paradossale, che in nome degli stessi diritti umani, vengano ad instaurarsi moderne forme di colonizzazione ideologica dei Paesi più forti e più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli, senza considerare che le tradizioni dei singoli popoli non possono essere invocate come un pretesto per tralasciare il doveroso rispetto dei diritti fondamentali enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, e rammaricandosi di dover constatare che molti diritti fondamentali siano ancor oggi violati, primo fra tutti quello alla vita.

Le considerazioni del Papa meriterebbero di essere adeguatamente valutate dai vari responsabili politici se si vuole evitare il rischio di banalizzare il fondamentale principio, ormai acquisito dalla coscienza dell’umanità, della dignità inerente a ogni essere umano in quanto essere umano e non in quanto cittadino, presidio a difesa di ognuno, che alcuna sovranità o diritto o interesse di un singolo stato possa limitare o sospendere.