«Giovanni Bertini: un grande leader dimenticato»

189 267 Giovanni Pallanti
  • 0

di Giovanni Pallanti • C’è un grande uomo che ha segnato la storia dei cattolici tra la fine dell’ottocento e la prima metà del novecento: Giovanni Bertini nato a Prato il 24 maggio 1878  e morto il 29 dicembre 1949. Dopo aver studiato al Collegio Cicognini si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa dove fu allievo del Beato Giuseppe Toniolo, grande filosofo ed economista cattolico. Bertini era un giovanissimo che non sopportava sul piano storico e logico il non expedit  imposto da Pio IX ai cattolici. Per ritorsione dell’invasione di Roma da parte dell’esercito italiano il 20 settembre 1870 secondo Papa Mastai  per protestare contro la perdita del potere temporale dei Papi i laici cattolici dovevano astenersi dal voto e dalle candidature al Regio Parlamento d’Italia. 

Bertini a Prato negli ultimi anni dell’ottocento era di tutt’altro avviso. Fondò una testata giornalistica che era un vero e proprio programma politico: “L’Operaio”. Praticamente Bertini aveva iniziato nel 1898-99 lo stesso itinerario intellettuale che portò venti anni dopo due studenti universitari a Torino  Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti  a fondare il giornale “Ordine Nuovo”. Sia Bertini che i due fondatori del Partito Comunista Italiano avevano un’idea simile: Bertini per esempio sosteneva che il lavoro intellettuale degli studenti avrebbe prodotto dei fatti concreti nella vita  civile dell’Italia così come il lavoro materiale degli operai sarebbe risultato un atto fondamentale per lo sviluppo economico e la modernizzazione della nazione.

Grandemente insofferente dell’ottusa politica anti italiana dell’alto clero vaticano e di molti vescovi e arcivescovi residenziali Giovanni Bertini si legò a Don Romolo Murri primo fondatore della Democrazia Cristiana italiana nei primi  mesi del ‘900. Con  Don Murri si schierarono tra gli altri:  Don Luigi Sturzo e il trentino Alcide de Gasperi non ancora cittadino italiano. L’ottusità del Vaticano e dell’alto clero volle schiacciare Don Romolo Murri con la sospensione ad Divinis promulgata nel 1907 e con la scomunica del 1909.

Bertini, fu colpito da una profonda crisi per quanto successo a Don Murri, e accelerò i suoi studi e il suo impegno politico. Laureatosi in legge nel 1913 fu eletto, nell’ambito del Patto tra il conte Gentiloni con l’associazionismo cattolico deputato al Regio Parlamento. L ‘alleanza tra Gentiloni e i cattolici era favorevole alla classe dirigente liberale conservatrice e moderata. Bertini con molta intelligenza e scaltrezza, insieme ai giovani pratesi che lo avevano eletto consigliere comunale di Prato, entrò con le sue idee progressiste nell’accordo tra liberali e cattolici per rompere il muro che ostacolava la piena partecipazione politica dei cattolici alla vita civile del Regno d’Italia.

Dopo la prima guerra mondiale la sua azione si svolse nel Partito Popolare Italiano fondato da Don Luigi Sturzo in tutta l’Italia centrale ( Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Marche).

Eletto dal 1919 al 1924 deputato nelle liste del PPI fu due volte sotto- segretario nei governi Nitti e Giolitti e due volte ministro dell’agricoltura, nel 1922, nei governi Facta. Come ministro dell’agricoltura e prima ancora come deputato fu un grande difensore dei diritti dei contadini  che erano sfruttati indicibilmente  dalla proprietà agricola  e soprattutto dai latifondisti dell’Italia meridionale. Con l’avvento del fascismo, il 28 ottobre 1922, terminò la prima fase  politica di Bertini che si ritirò alla vita privata non rinunciando ad un intensa azione culturale e civile  antifascista. Per campare Giovanni Bertini già ministro del regno d’Italia, si ritrovò a fare l’avvocato della povera gente nelle preture e nei tribunali della provincia toscana ed emiliana.  Negli anni della dittatura fascista si trasferì a Bologna dove prese moglie e dette vita ad una numerosa famiglia da lui vissuta per tanto tempo con spirito cristiano. Caduto il fascismo con l’avvento della Repubblica fu eletto deputato all’Assemblea Costituente, fu nominato senatore di diritto nella prima legislatura e si iscrisse al gruppo dei senatori della Democrazia Cristiana fino al giorno della sua morte.

Giovanni Bertini è stato dimenticato perché,  soprattutto dopo la fine della Democrazia cristiana nel 1992, un laicato cattolico disperso e una chiesa italiana poco incisiva sul piano culturale e ideale considera uomini con la storia di Giovanni Bertini dei personaggi scomodi, che se ben ricordati, metterebbero in rilievo l’ignavia e la debolezza di quel che rimane del cattolicesimo democratico nella politica italiana.

image_pdfimage_print
Author

Giovanni Pallanti

Tutte le storie di: Giovanni Pallanti