Postille sull’ informazione intorno alla Chiesa
di Andrea Drigani · L’Enciclica «Dilexit nos» incentrata sull’amore umano e divino di Gesù Cristo, che su questo numero della Rivista abbiamo iniziato a studiare e commentare, è stata pressoché ignorata, salvo qualche rara eccezione, dai grandi mezzi della comunicazione sociale.
Rimane purtroppo incomprensibile (forse anche in modo deliberato?) la vera dimensione della Chiesa, come indica il Concilio Vaticano II nel n.8 della Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», laddove afferma: «La società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, la comunità visibile e quella spirituale, la Chiesa terrena e la Chiesa ormai in possesso dei beni celesti, non si devono considerare come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà risultante di un duplice elemento, umano e divino».
Se si guarda alla vita della Chiesa con un occhio rivolto unicamente agli aspetti culturali, psicologici e politici, si avrà e si darà una visione della Chiesa dimezzata, incompleta, difettosa.
Ma oltre al disinteresse per l’Enciclica dedicata al Sacro Cuore di Gesù, sui «mass media» mi è sembrato di scorgere anche un approccio lacunoso e parziale circa la celebrazione dei Sinodo dei Vescovi, definito tout court inconcludente.
Vorrei fare qualche postilla su questa asserita «inconcludenza» ricordando alcuni principi di diritto canonico ben radicati sulla teologia.
E’ assai utile rammentare la nota differenza tra il Collegio dei Vescovi («Collegium Episcoporum») e il Sinodo dei Vescovi («Synodus Episcoporum»).
Il Collegio dei Vescovi, secondo la consolidata tradizione ecclesiale, il cui capo è il Romano Pontefice e i cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale permane perennemente il corpo apostolico, insieme col suo capo e mai senza il suo capo, è soggetto di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale.
Il Collegio dei Vescovi esercita la predetta potestà in modo solenne nei Concili Ecumenici.
Al Concilio Ecumenico potrebbe essere chiamati dal Romano Pontefice anche alcuni, non insigniti della dignità episcopale il cui ruolo nel Concilio verrà determinato dalla suprema autorità della Chiesa,
Non avranno forza obbligante se non quei decreti del Concilio Ecumenico che, insieme con i Padri del Concilio, sono stati approvati dal Romano Pontefice, da lui confermati e per suo ordine promulgati.
Viene precisato, altresì, che il Collegio dei Vescovi può esercitare la sua potestà anche mediante l’azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è stata indetta o liberamente recepita dal Romano Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale.
Il Sinodo dei Vescovi, invece, è un’assemblea di Vescovi (non di tutti i Vescovi) i quali, scelti, dalle diverse regioni del mondo, si riuniscono per favorire una stretta unione tra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi e per prestare aiuto con il loro consiglio nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’azione della Chiesa nel mondo.
Le conclusioni sui lavori del Sinodo dei Vescovi, le hanno sempre tratte i Romani Pontefici che hanno pubblicato delle Esortazione Apostoliche post-sinodali.
Ciò deriva, tra l’altro, dalla constatazione che il «Collegium Episcoporum» è l’insieme di tutti i Vescovi del mondo, mentre il «Synodus Episcoporum» ne è solo una piccola rappresentanza.
Il Sinodo dei Vescovi ha un grande ruolo nel promuovere e nel favorire lo studio, l’approfondimento, la ricerca su argomenti teologici, pastorali e canonici, per avviare verso una soluzione.
Talune questioni rimbalzate duranti i lavori dei Sinodo, fermo restando la piena e suprema potestà personale del Romano Pontefice, mi sono sembrate più di pertinenza di un Concilio Ecumenico.
Ritengo che sia oltremodo auspicabile che venga presa in considerazione quella suddetta fattispecie circa l’azione congiunta di tutti i vescovi del mondo, prevista espressamente dal canone 337 § 2 CIC e dal canone 50 § 2 CCEO, come una concreta e attuale modalità con cui il «Collegium Episcoporum» potrà esercitare la sua potestà.