di Laura Donnini · Sono solita immaginarmi le cose prima che accadano. Bandiere al cielo, magliette sgargianti, cori multilingue, notti insonni, sacchi a pelo e sudore era quanto mi aspettavo e quanto, in effetti, abbiamo trovato alla XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù.
Ho letto che durante la catechesi ai giovani del patriarcato di Venezia, Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, ha parlato di come la meta del viaggio sia l’incontro. Incontro con gli altri, con Dio, con l’Altro, che, conoscendoLo, ci rivela la nostra identità. Ritengo che questo sia vero tanto più ad una GMG i primi di agosto, dove un milione e mezzo di ragazzi da cinque continenti cercavano, e, parafrasando sant’Agostino, probabilmente hanno già trovato, qualcosa di ben diverso di giorni di svago nella pittoresca Lisbona, quando hanno deciso di partire.
Se è vero che “essere insoddisfatti è essere uomini” (Pessoa), quel “brillare, ascoltare, non temere” dell’ omelia conclusiva di Papa Francesco ci aiuterà tanto. Così come l’invito ad affidare le nostre paure al Padre, a convertirle in sogni. A costruire il futuro calandosi bene nel presente. Ora, come siamo, senza aspettare o sperare di essere migliori o diversi. Quell’alzarsi e andare in fretta di Maria, messaggio scelto per questa GMG. D’altronde è Dio che ci ha chiamati e amati proprio così, come ha teneramente ricordato Papa Francesco alla sua “juventud”.
Tra i c.d.“rise up” (catechesi, condivisioni, messe mattutine), testimonianze, serate di festa e raduni, personalmente mi aspettavo più occasioni di confronto, oltre che incontro, a livello internazionale, per stringere amicizia tra ragazzi di gruppi diversi e di paesi lontani. Possibilità, questa, rivelatasi difficilmente realizzabile anche per via della tabella di marcia da rispettare per non perdersi gli eventi clou del giorno (principalmente il Santo Padre all’accoglienza, alla via crucis e alla veglia) e per evitare di perdersi letteralmente per i vicoli della capitale.
Penso che ognuno di noi abbia ascoltato ciò che più aveva bisogno di sentire: a me sono rimaste le riflessioni di don Francesco, nostro accompagnatore e assistente spirituale del gruppo FUCI Tor Vergata, in particolare quelle sulla volontà divina, le catechesi di don Calogero, vescovo di Caltagirone, quando si è soffermato sulle motivazioni del perdono cristiano o ancora le urla roche di don Luigi Ciotti sul binomio testimonianza evangelica/responsabilità civile, incarnati dal Vangelo e dalla Costituzione.
In varie meditazioni è riecheggiato poi il termine “sorpresa”: l’amore di Dio sorprende sempre, perciò impegniamoci, preghiamo, e lasciamoci sorprendere senza timore.
Come filo conduttore dei macro-eventi organizzati ho notato la persona, con toccanti storie di dolore e testimonianze di fede, la tanto attuale sostenibilità ambientale, mentre, rispetto a quanto immaginavo, poco si è parlato di guerra e pace o, per esempio, delle diverse condizioni di vita dei cattolici nei vari paesi partecipanti (dall’Italia al Mozambico), o delle scelte di vita cristiane…
Se tanto è stato scritto su come questa GMG abbia rappresentato un pezzo di cielo, uno scorcio su un presente e un futuro possibile di comunione fraterna tra i popoli, difficilmente si è sentito parlare di alcuni atti di violenza e di intolleranza verificatesi, che ci riportano ben sulla terra. D’altronde, aggiungo in conclusione, è proprio qui che Dio si è fatto uomo e che noi, i ragazzi di Lisbona di oggi, proviamo ad essere servi umili del Suo amore tenendo a mente, come ci ha ripetuto il Papa, che l’unica volta in cui guardiamo qualcuno dall’alto verso il basso è quando lo aiutiamo a rialzarsi.