Superare i limiti. L’uomo, le sue illusioni, Cristo
Paradiso I,70-71).
Se accade questo – teologicamente parlando – è perché vi è qualcosa nell’uomo che tende a questo. Vale a dire che se portiamo al livello della teologia questa inquietudine umana a volere e a potere sempre di più, noi possiamo leggere questo fatto come inerente alla costituzione dell’uomo, in cui alberga una tensione iscritta da Dio a essere di più, a volere di più, a cercare di più. V’è cioè – ancora teologicamente parlando – qualcosa dell’uomo che tende oltre i limiti della natura stessa. Quello che de Lubac avrebbe chiamato il “desiderio del soprannaturale”, tomisticamente: desiderium naturale videndi Deum.
Che il limite sia da superare senza annientarlo lo dice la stessa vicenda di Cristo. Cristo è l’uomo nuovo, non un’altra cosa dall’uomo. Egli è la pienezza dell’umanità, l’umanità com’è pensata da Dio da sempre. Egli è la perfezione di ogni facoltà umana, Egli è l’uomo che puoi contemplare come nessun altro, che puoi vedere nelle potenzialità sue più grandi. Egli ci sta alle spalle: nel tempo è nato, sotto la Legge è nato, per riscattarci e renderci figli (cf. Gal 4). Ma Cristo è soprattutto davanti a noi: quella tensione che ci abita, quell’anelito a essere “di più” senza smettere di essere uomini, è il fine della nostra vita ed è la davanti a noi: Cristo glorificato, che attende noi, che ci configuriamo a Lui. Il “di più” dell’uomo in fondo è Cristo. Solo Cristo. Nient’altro che Cristo.