Sinodalità, sì … ma senza guardarsi allo specchio
Una cosa è evidente per tutti: il concetto di sinodalità può scaturire all’interno di una categoria scritturistica e patristica che il Concilio Vaticano II ha certamente riportato in auge: il “popolo di Dio”. A sostegno di quest’ultima, già nell’immediato tempo postconciliare, è subentrata una particolare visione di “popolo” alquanto riduttiva, come se si alludesse unicamente ai laici, in contrapposizione alla gerarchia della Chiesa, arrivando anche a parlare dell’esistenza di una Chiesa “dal basso” in opposizione a una “dall’alto”. Interpretazione ideologica, totalmente assente nei documenti conciliari.
Joseph Ratzinger, in una conferenza tenuta a Monaco nel 1970, in occasione del 75.mo di attività dell’Unione bavarese cattolica per la protezione delle giovani, ha affermato: «Davanti a un movimento laicale così significativo e sempre esemplare come questo, mi sembra indispensabile dichiarare che la forma in cui oggi viene portata avanti nella Chiesa la cosiddetta riscoperta del laico, va proprio in direzione sbagliata. Per teologia del laicato s’intende oggi sempre più la battaglia per una nuova forma del ministero ecclesiale, cosa che è una vera contraddizione in termini». E ancora: «Una teologia del laicato, che viene portata avanti come battaglia per una quota proporzionale nel governo della Chiesa, è una caricatura di se stessa e rimane tale anche se questo fraintendimento viene ammantato con il concetto di una direzione sinodale della Chiesa» (J. Ratzinger, Le basi antropologiche dell’amore fraterno, in Opera omnia. Chiesa: segno tra i popoli, VIII/1, LEV 2021, p. 100).
ibid.).
La possibilità di cadere nell’autoreferenzialità proprio in questa transizione sinodale è in agguato per tutti. «Guardate fuori – ha ribadito il Papa nello stesso messaggio –, non guardatevi allo specchio. Rompete tutti gli specchi di casa».
E questo vale per ogni cristiano e per l’intera comunità ecclesiale.