Risurrezione di Lazzaro  

di Stefano Tarocchi · Il villaggio di Betania, che il Vangelo di Giovanni chiama il «villaggio di Maria e di Marta», diventa centrale nella sezione conclusiva del Vangelo secondo Giovanni, con la cena «sei giorni prima della festa di Pasqua».

Questa cena precede il grande ingresso di Gesù a Gerusalemme, che apre gli eventi che condurranno alla sua passione, morte e risurrezione.  

Ma a Betania è ambientato anche un altro avvenimento: stavolta il protagonista è Lazzaro (Gv 11,1-45). Il vangelo dice che «Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro» (v. 5). E Marta e Maria mandano a dire a Gesù: «Signore, colui che tu ami è malato» (v. 3). 

L’evangelista però insiste sul ritardo di Gesù ad accogliere subito l’invito: «questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato» (v. 4). 

Così la partenza di Gesù per la Giudea avviene dopo due giorni: questo genera terrore nei discepoli, di fronte al rischio di dover affrontare una violenza contro di Gesù, come in precedenza era avvenuto a Gerusalemme. Gesù dice, fra l’altro, che «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato, ma io vado a svegliarlo» (v. 11).  

A questo punto il racconto insiste sulla duplice osservazione delle sorelle, prima Marta, e poi Maria: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (vv. 21.32).  

Gesù, proprio a Marta, annuncia che Lazzaro risorgerà, ma senza aspettare l’ultimo giorno. Questa è la certezza che gli dichiara la donna, che tuttavia non nasconde la fede nell’azione di Gesù: «anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» (v. 22).

Ora la morte di Lazzaro è così drammatica che mentre Maria, l’altra sorella si fa incontro a Gesù, avvertita di nascosto da Marta, non appena questi la vede piangere, e anche i Giudei andati con lei, prova una così profonda commozione che anche Gesù si scioglie in un pianto totale (v. 33).  

È vero che questo pianto viene percepito come l’amicizia per Lazzaro, ma anche con la perfida verità di coloro che provano a rovesciare il senso delle sue azioni: dopotutto, secondo i detrattori, Gesù che ha aperto gli occhi al cieco (cf. Gv 9) poteva risparmiare questa morte (cf. v. 37). 

A questo punto tutto si svolge con una rapidità, tale da mettere in luce la potenza del Figlio di Dio. C’è una pietra che chiude la grotta, laddove si trova il sepolcro di Lazzaro – come davanti al sepolcro di Gesù –, e sono trascorsi già quattro giorni: tempo sufficiente perché la morte operi la sua azione devastatrice. Ma la potenza del figlio di Dio è tale anche di fronte a quell’evento tragico che il suo pianto manifesta, nonostante la certezza di ciò che sta per accadere, e che è rivelato nella preghiera di ringraziamento al Padre di Gesù, e dalle parole che restituiscono Lazzaro alla vita e ai suoi affetti: «Lazzaro, vieni fuori» (vv. 41-43).  

Il racconto di uno dei “segni” del Signore che il Vangelo di Giovanni trasmette ai suoi lettori, ciò che Gesù compie e il modo con cui egli agisce, è narrato perché si operi la fede. Ossia, perché tutti credano che lui è l’inviato del padre. 

Così l’evangelista Giovanni registra la fede di molti dei Giudei che erano venuti da Maria e che hanno visto ciò che il Cristo ha compiuto, ma anche il movimento operato da dai farisei sulla testimonianza di quanti hanno partecipato. Essi insistono perché quest’uomo, l’inviato di Dio, vada fermato.  

Si potrebbe definire un perfetto ragionamento machiavellico ante litteram, aggravato dall’insistenza del Vangelo su questo dettaglio: Caifa, infatti, non parlava da sé stesso, ma nella sua funzione di sommo sacerdote. Accade così che «da quel giorno decisero di ucciderlo» (Gv 11,53). 

Gli avvenimenti prendono la piega che sappiamo, ma nel racconto del quarto Vangelo troviamo la presa d’atto di Gesù circa la morte che lo attende, in quella Pasqua che sarà l’ultima della sua vita terrena. Quando dei Greci, ebrei della diaspora, saliti a Gerusalemme per la Pasqua, si avvicinano prima a Filippo, e poi ad Andrea, essi portano una richiesta: «Signore, vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). 

E si rivela così il senso della morte che attende Gesù e anche il modo in cui avverrà: «io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire» (Gv 12,23-33).