di Antonio Lovascio · Ci vuole davvero fede per sperare che venga accolta l’incessante supplica di Papa Francesco e sia posta fine “alla follia di una guerra mondiale combattuta a pezzi”; all’ultimo massacro che si sta consumando a Gaza dopo il brutale, orrendo attacco dei terroristi di Hamas ad Israele con l’uccisione e la cattura di 250 ostaggi, tra cui molte donne e bambini inermi: non ci sono parole e lacrime sufficienti per le vittime innocenti di entrambi i fronti. Anzi: di tutti i fronti. Davanti ad un’Onu impotente, incapace di mettere in atto perfino aiuti umanitari; ai Grandi della Terra che più tali non sono e partecipano pure loro attivamente alle guerre soprattutto per interessi propri, ad un’Europa che marcia in ordine sparso non trovando una linea condivisa di Politica Estera Comunitaria e uno spirito collettivo di solidarietà, l’unico canale diplomatico che agisce con credibilità ed autorevolezza è quello vaticano, ispirato dalla Missione della Chiesa in difesa della vita e dei più elementari diritti di ogni persona, implorati ogni giorno da Bergoglio.
Quando parlano le armi tutto è difficile, ma in queste giornate buie non dobbiamo smettere di pensare per il Medio Oriente, per l’Ucraina e per l’Africa, strade diverse dalla contrapposizione violenta. Per quanto riguarda la vasta storiografia del lungo conflitto israelo-palestinese possiamo ad esempio trovare spunti interessanti da documenti in parte inediti raccolti in archivi europei e mediorientali, nella monumentale aggiornatissima biografia in tre volumi curata da Giovanni Spinoso e Claudio Turrini, nelle altre ultime opere dedicate dalla Fondazione a Giorgio La Pira, il “sindaco santo” già proclamato Venerabile da Papa Francesco, un “profeta del Novecento” che da Firenze tanto si è speso in missioni di pace, alcune andate a buon fine, altre meno fortunate. E che per Israele e la Palestina aveva coniato non a caso il motto “Due popoli, due Stati”, tessendo relazioni tra arabi, palestinesi e israeliani in modo nuovo, attraverso la profondità del lungo periodo, che precede il 1947-49 (la fondazione dello Stato e la Nakba), e che diventa più complessa con l’inasprirsi del conflitto nei decenni successivi quando organizza in Palazzo Vecchio i Colloqui del Mediterraneo. Analizzando la ricca corrispondenza di La Pira, la rete dei collaboratori, i tanti interlocutori lungo quasi mezzo secolo, come ha scritto Marco Roncalli si ha un quadro esatto della tessitura lapiriana. Dai pontefici del suo tempo (Pacelli, Roncalli, Montini), a noti leader del mondo arabo ed ebraico, come Nasser o Arafat (di cui fu il primo a riconoscere il necessario coinvolgimento nei negoziati),- i re Hussein di Giordania o Hassan del Marocco, David Ben Gurion o Moshe Dayan o Golda Meir, ai quali La Pira scriveva che «Israele è un punto essenziale nella teologia della storia». Oppure personaggi come Divo Barsotti o Jean Danielou, René Habachi o Martin Buber o André Chouraqui. Da queste lettere inviate in tempi diversi si ricostruisce il percorso di un giovane Professore pronto a palesare subito dal 1930 la sua distanza da ogni totalitarismo e da ogni pratica di discriminazioni; di un giurista che sulla sua rivista “Princìpi” faceva tornare il sintagma caro a Pio XI «unità del genere umano». Il profilo di un uomo vicinissimo agli ebrei fiorentini al tempo della persecuzione e dopo la Liberazione (quando fu nominato presidente dell’Ente comunale di assistenza), nella creazione della sezione fiorentina dell’Amicizia ebraico-cristiana (sulla scia delle tesi di Jules Isaac), e nella partecipazione alle vicende conciliari, sino al dinamismo – da statista – nei ripetuti negoziati durante l’eterno conflitto Israele-Palestina, nel perseguimento di un traguardo di convivenza pacifica tra ebraismo, cristianesimo e islam.
Convivenza appunto tra grandi Civiltà. Promozione della Pace sospinta dall’onda del Rinnovamento conciliare, ma nella quale ancor prima il Professore aveva creduto e per la quale si era sempre battuto, unendo alla sua grande Spiritualità un invidiabile spessore politico. «…La geografia della grazia condiziona la storia dei popoli!», scriveva La Pira a Danielou il 5 aprile 1960. A quella storia guardò con lucidità. Viaggiando ripetutamente, mediando, abbracciando con entusiasmo il «ritorno di Israele», ma tenendo presenti le esigenze della minoranza araba e la necessità di uno Stato palestinese, cercando di restare in contatto con tutti, persino i gruppi dissidenti e gli «ebrei di fede cattolica che si trovavano in Israele». A 46 anni dalla scomparsa (5 novembre 1977) la sua visione profetica è ancora attuale e soprattutto può suggerire alla Diplomazia e “agli uomini di buona volontà” piste concrete per far tacere le armi e porre fine ai massacri, ad autentiche carneficine umanitarie. In Israele, nelle strade di Gaza, nella martoriata Ucraina e in tutte le guerre in corso nel Pianeta.