Le domande della gente, le risposte del biblista: l’ultimo libro di don Stefano Tarocchi

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di Stefano Liccioli · E’ stata un’operazione editoriale interessante quella fatta da “Toscana Oggi”: raccogliere in un volume i contributi che don Stefano Tarocchi, biblista e preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, ha scritto per l’apprezzata rubrica del settimanale “Risponde il teologo” in cui Tarocchi, nel corso di alcuni anni, ha risposto a svariati quesiti dei lettori su temi che riguardano il Nuovo Testamento.

Per quanto mi riguarda ho accolto con piacere la proposta fattami dal direttore de’ “Il Mantello della Giustizia” di recensire questo testo pubblicato lo scorso febbraio sia perché è stato un modo di cimentarmi, in maniera originale, su alcuni argomenti neotestamentari sia perché è stata l’occasione per tornare, idealmente, a lezione da don Tarocchi che, mi si perdoni questo intermezzo personale, è stato mio insegnante durante gli anni del Baccalaureato.

Il libro, intitolato «In quale lingua sono scritti i Vangeli?….e molte altre domande», è diviso in sei parti: i Vangeli e le prime comunità, l’infanzia ed il battesimo di Gesù, le parole di Gesù, l’Eucarestia e la Passione, la Resurrezione, lo Spirito Santo, San Paolo e i credenti. Ognuna di queste sezioni ripropone gli interrogativi dei lettori di “Toscana Oggi” sui suddetti temi conservando una forma dialogica: un modo per rispettare il contesto in cui e per cui questi contributi sono stati scritti, ma, a mio avviso, anche per mettere in risalto la caratteristica di un antico genere letterario catechistico, fatto appunto di domande e risposte, così come ricordò anche l’allora Cardinale Joseph Ratzinger nella prefazione al “Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica” che ha appunto una struttura simile:«Si tratta di riproporre un dialogo ideale tra il maestro e il discepolo, mediante una sequenza incalzante di interrogativi, che coinvolgono il lettore invitandolo a proseguire nella scoperta dei sempre nuovi aspetti della verità della sua fede. Il genere dialogico, inoltre, concorre anche ad abbreviare notevolmente il testo, riducendolo all’essenziale. Ciò potrebbe favorire l’assimilazione e l’eventuale memorizzazione dei contenuti».

Sfogliando le pagine del libro troviamo così, per esempio, l’interrogativo di un lettore che chiede se la parola «discepoli» nei Vangeli si riferisca solo agli uomini, o anche alle donne che seguivano Gesù, e se tra loro ci fossero anche persone sposate. Tarocchi risponde affermando «con certezza che Pietro e molti altri discepoli erano sposati: lo testimonia l’episodio della suocera di Pietro, guarita dalla febbre per opera di Gesù (Mc 1,30-31) ». Circa la questione delle donne il teologo sostiene che «le tradizioni evangeliche guardano con chiarezza al discepolato delle donne, evidenziando la novità assoluta del maestro Gesù rispetto al giudaismo del suo tempo».

Alla curiosità di un lettore riguardo al fatto che Gesù si sia potuto arrabbiare, lasciandosi cioè prendere dall’ira, mentre scacciava i mercanti dal tempio, il biblista risponde che «non dobbiamo vedere nel gesto di Gesù un’azione provocata dalla rabbia, né tanto meno dall’ira – nell’Antico Testamento anzi, Dio è descritto come colui che è “lento all’ira!” – , ma il gesto del profeta inviato dal Signore per ristabilire la sacralità del luogo dove Dio ha posto la sua dimora: “mi divora lo zelo per la tua casa, gli insulti di chi ti insulta ricadono su di me” (Salmo 69,10)».

Dal punto di vista stilistico le risposte di don Tarocchi sono precise e puntuali, scritte in maniera agile, senza ricorrere a termini tecnici che renderebbero il testo riservato ad un gruppo ristretto di lettori. Questo non significa, però, che i contenuti del libro, pur avendo un taglio divulgativo, pecchino di superficialità, come spesso accade a invece certe opere che vogliono presentare temi biblici al grande pubblico: i contributi del nostro teologo, infatti, riescono a coniugare quell’essenzialità che si richiede ad un articolo di un settimanale con quel rigore che è proprio di uno studioso serio.

Il libro è dedicato dall’autore a «quanti cercano di capire meglio le Scritture, e, soprattutto, alle catechiste e ai catechisti che, con grande passione ed impegno, trasmettono la Parola di Dio alle ragazze ed ai ragazzi di ogni età».

Al di là delle persone che esercitano un ministero all’interno della Chiesa, mi sento di poter dire che il testo di don Tarocchi è adatto a tutti i laici che, come precisa la Lumen Gentium, «vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità» (LG 31). I laici cristiani, proprio per il loro stare nel mondo, sono chiamati a confrontarsi con gli altri ed a rispondere, secondo quanto scrive l’Apostolo Pietro, a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro (1 Pietro 3,15-17). Per fare questo è importante, però, una formazione teologica a cui il libro in questione può dare un apporto significativo. San Paolo VI precisava infatti:«[…] Anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata – ciò che Pietro chiamava «dare le ragioni della propria speranza» – esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù. La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita». (EN 22).

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Stefano Liccioli

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