di Antonio Lovascio · Anche quest’anno, dettando il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si celebra domenica 21 maggio, Papa Francesco è andato dritto al nocciolo del problema. Ripete più volte che solo “parlando con il cuore” in un tempo di contrapposizioni – andando anche controcorrente – si trasmette ciò che si è, con verità e carità. Senza fomentare odio e rabbia che portano allo scontro; aiutando quindi le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono. Senza seguire tecniche che la riducono ad artificio, perché non è una questione di marketing. Vale per i Media, ma anche per la Chiesa universale, impegnata in un Cammino sinodale che ad ottobre avrà come tappa intermedia il Sinodo dei Vescovi (con la svolta del diritto al voto per donne e laici) e dopo la “fase sapienziale” il punto di arrivo nel Giubileo del 2025. Forse questo percorso consentirà a ciascun “viandante” e ad ogni comunità di acquisire un nuovo stile da “cambiamento d’epoca”, ponendosi in ascolto degli altri “con le braccia aperte”.
“Ascoltare ed ascoltarci”, scrive il Papa, “è il dono più prezioso e generativo che possiamo offrire gli uni agli altri”. Insomma serve una comunicazione che usi un “parlare secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza”. Che “accenda i cuori, che sia balsamo sulle ferite e faccia luce sul cammino dei fratelli e delle sorelle”. Che “metta al centro la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale”.
Era prevedibile: Papa Bergoglio richiama con vigore l’attenzione sulla guerra in Ucraina e sui numerosi conflitti aperti in tutto il mondo: “ Come 60 anni fa anche ora viviamo un’ora buia nella quale l’umanità teme un’escalation bellica che va frenata quanto prima anche a livello comunicativo. Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza. Ecco perché va rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche. Va invece promossa, a tutti i livelli, una comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli”.
Invece, parlare con il cuore, significa anche dare un contributo alla costruzione della pace “laddove c’è la guerra; per aprire sentieri che permettano il dialogo e la riconciliazione laddove imperversano l’odio e l’inimicizia. Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo, è urgente affermare una comunicazione non ostile. Abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori”.
C’è quindi un richiamo alla responsabilità per favorire “una comunicazione aperta e accogliente”. Un invito ai Social ed all’informazione digitale a non fomentare un “livore che esaspera”. Una raccomandazione che si aggiunge alla condanna delle fake news che Papa Bergoglio va manifestando da tempo: “ Nei Media di oggi manca pulizia, manca onestà, manca completezza. La disinformazione è all’ordine del giorno: si dice una cosa ma se ne nascondono tante altre”. Pure all’interno della Chiesa il pontefice sogna “una comunicazione che “accenda i cuori”; che “sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio”. Ritornare alle sorgenti, alla gioia del Vangelo, può ispirarci nel progettare il domani. Teniamone conto mentre ci prepariamo a celebrare il 60° anniversario del decreto conciliare Inter mirifica, promulgato da Paolo VI il 4 dicembre 1963.