La fecondità dell’artista. Le parole di Papa Francesco

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di Alessandro Clemenzia · L’attenzione che la Chiesa riserva agli artisti viene da molto lontano. Lo ha sottolineato papa Francesco nel suo discorso rivolto ai partecipanti all’incontro promosso in occasione del 50° anniversario dell’inaugurazione della collezione d’arte moderna dei musei vaticani (23 giugno 2023). La grandezza dell’artista è quella di essere capace di prendere davvero sul serio «la profondità inesauribile dell’esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere la vita come realtà poliedrica». In altre parole, l’artista, prima ancora di esprimere la propria forza interiore attraverso una particolare raffigurazione, è colui che è capace di cogliere alcuni aspetti della realtà che molto spesso vengono automaticamente trascurati o addirittura censurati, in quanto mostrano il lato più debole e fragile dell’umano.

Romano Guardini, nel suo scritto L’opera d’arte, affermava che «lo stato in cui si trova l’artista mentre crea è affine a quello del fanciullo e pure del veggente». Come un bambino, ha affermato il Papa, egli «si muove anzitutto nello spazio dell’invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che così non si era mai visto». Si tratta certamente del tratto originale e fecondo dell’artista, capace di generare qualcosa di veramente nuovo rispetto a prima; si tratta di una novità, intesa non soltanto come la produzione dal nulla di qualcosa di originale, ma anche come il portare alla luce qualcosa di già esistente e non ancora conosciuto. Un talento, dunque, che consiste nel portare alla luce l’inedito e, in questo modo, nel fare nuove tutte le cose. Recuperando quanto è scritto nel libro del profeta Isaia (43,19), quando Dio afferma: «Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia: non ve ne accorgete?» (43,19), e nel libro dell’Apocalisse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (21,5), il Papa ha indicato come la creatività degli artisti partecipi alla generatività di Dio stesso; per questo essi devono avere «occhi che guardano e che sognano». Ha spiegato Francesco: «Non basta soltanto guardare, bisogna anche sognare. Voi artisti, allora, avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo. […] La capacità d’introdurre novità nella storia».

E qui, recuperando l’immagine di Romano Guardini, il Papa ha spiegato come l’artista, oltre al fanciullo, è anche in qualche modo un veggente, capace di «guardare le cose sia in profondità sia in lontananza, come sentinelle che stringono gli occhi per scrutare l’orizzonte e scandagliare la realtà al di là delle apparenze».

Questa esperienza creativa del fanciullo e del veggente, ha affermato ancora il Papa, spinge l’artista a non adeguarsi ad alcune logiche di compromesso che propongono una presunta bellezza artificiale, complice di alcuni meccanismi economici che vanno incessantemente e, talvolta, silenziosamente a scapito dell’umano. «È una bellezza finta, cosmetica, un maquillage che nasconde invece di rivelare. In italiano si dice “trucco” perché ha qualcosa dell’inganno. Voi vi tenete distanti da questa bellezza, la vostra arte vuole agire come coscienza critica della società, togliendo il velo all’ovvietà. Volete mostrare quello che fa pensare, che rende vigili, che svela la realtà anche nelle sue contraddizioni, nei suoi aspetti che è più comodo o conveniente tenere nascosti». Non si tratta di coltivare una semplice coscienza critica su questioni di natura sociale, ma di avere uno sguardo vero sulla realtà, fino a rintracciare la luce e la bellezza proprio nelle tenebre dell’umano. È a questo livello, ha spiegato ancora il Papa, che «si comincia così a provare la nostalgia di Dio».

Ma come distinguere la bellezza vera da quella che, invece, inganna, addomesticando e addirittura anestetizzando la coscienza umana? Francesco pone come criterio di discernimento l’armonia. Riferendosi alla riflessione trinitaria, egli mostra come molti teologi, dopo aver descritto la paternità di Dio e la filiazione di Gesù Cristo, descrivono lo Spirito Santo come “armonia intradivina” e come il grande armonizzatore del mondo, soprattutto in un contesto determinato da globalizzazioni omologanti e, al contrario, da localismi chiusi e sterili. «L’armonia – ha precisato il Papa – è quando ci sono delle parti, diverse tra loro, che però compongono un’unità, diversa da ognuna delle parti e diversa dalla somma delle parti. È una cosa difficile, che solo lo Spirito può rendere possibile: che le differenze non diventino conflitti, ma diversità che si integrano; e nello stesso tempo che l’unità non sia uniformità, ma ospiti ciò che è molteplice».

Proprio per l’attenzione che l’artista rivolge a tutti i fattori della realtà, compresi quelli oggi maggiormente censurabili, il Papa ha concluso il suo discorso rivolgendo ai partecipanti un ultimo appello che gli sta particolarmente a cuore: l’attenzione verso i più poveri, verso coloro che, non avendo spesso voce per farsi sentire, hanno fortemente bisogno di persone che interpretino il loro grido silenzioso. L’artista è capace anche di questo.

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