di Carlo parenti · In questi giorni torna di grande attualità un libro del compianto storico dell’economia Carlo M. Cipolla: Le leggi fondamentali della stupidità umana (ed. Il Mulino), uscito in inglese nel 1976 e poi più volte ristampato in almeno tredici lingue, italiano compreso (1988). L’autore elabora una scherzosa teoria generale sulla stupidità umana, che vede gli stupidi come un gruppo di gran lunga più potente delle maggiori organizzazioni come le mafie o le lobby, ancorché privo di una qualsivoglia struttura e gerarchia.
Peraltro, devo premettere che Il termine stupidità deriva dal verbo latino stupēre che nella trasposizione in italiano ha due accezioni distinte: una riguarda chi è “stupito”, in una condizione cioè d’incapacità o passività, indotta da stupore; l’altra, riferita allo “stupido”, esprime una condizione duratura di “carenza” e “lentezza” nel comprendere.
Riprendo da Wikipedia le cinque leggi fondamentali enunciate nel volume:
-Prima Legge Fondamentale: sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione. -Seconda Legge Fondamentale: la probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa. -Terza (e aurea) Legge Fondamentale: una persona stupida è una persona che causa un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita. -Quarta Legge Fondamentale: le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare, i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore. -Quinta Legge Fondamentale: la persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Corollario: lo stupido è più pericoloso del bandito.
Ebbene, credo che la dimostrazione empirica della validità universale della teoria di Cipolla ci venga offerta da una proposta che è in discussione presso l’European University Institute (EUI) – Istituto Universitario Europeo, che dovrebbe istituzionalmente essere [uso il termine dovrebbe per un mio dubbio] un’istituzione accademica di eccellenza unica nel suo genere, fondata nel 1972 dagli Stati membri della Comunità Europea. La missione principale dell’Istituto è quella di promuovere la ricerca e gli studi dottorali e post-dottorali nell’ambito delle scienze sociali.
Si legge nel suo sito (vedi): L’Istituto rappresenta un unicum nel panorama accademico mondiale. Grazie al suo ambiente distintamente internazionale, l’EUI offre una preparazione accademica di altissimo livello, arricchisce l’esperienza intellettuale ed umana, e fornisce opportunità eccezionali per ricercatori, professori e fellows, oltrepassando discipline, confini geografici e linguistici. L’ Istituto vanta tra i suoi ex alumni alcuni tra più importanti esperti internazionali nell’ambito delle scienze sociali.
Possiamo dormire sereni…salvo un incubo notturno: l’EUI – che, tra l’altro, ha sede in un antico convento – ritiene che per ottemperare con gli obblighi del “Piano per l’uguaglianza etnica e razziale dell’Istituto…l’ex festa ‘Natale’ verrà rinominata, per eliminare il riferimento cristiano”: Così si legge in una corrispondenza interna di cui il Sir è venuto a conoscenza. Le regole per l’uguaglianza etnica nell’Eui prevedono infatti che, se da un lato le feste religiose vanno inserite nel calendario, dall’altro il linguaggio con cui le si comunica deve essere “inclusivo”.
Al politicamente corretto l’Istituto europeo è attento, con una prorettrice che si occupa di uguaglianza, diversità e inclusione. Ma l’idea di rinominare il Natale ha sollevato un’ondata di proteste di cui numerosi organi di stampa hanno dato voce.
Qualche testuale qualificazione e osservazione: Grottesco – Bizzarro – Non è cancellando le tradizioni e omologando le culture che si superano le diseguaglianze – Se il presidente dell’Eui vuole annullare il Natale, allora si trovi anche un’altra sede per svolgere la sua attività – Duemila anni di storia non si cancellano con una circolare – Proposta sconclusionata (che risponde) a un’ondata di pensiero politicamente corretto che mira a cancellare i tratti distintivi della nostra civiltà in nome di un presunto rispetto delle altre culture-Mandiamo a casa l’ipocrisia del politicamente corretto – Ogni tanto qualcuno chiede di abolire il Natale, i segni cristiani, il crocifisso, perché si motiva: così si rispettano le varie osservanze religiose e culturali. Non è così. Non è eliminando la nostra storia, cultura, la nostra fede, ciò che ci distingue, che si crea rispetto. Non è togliendo o nascondendo che si crea dialogo, ma dicendo chi siamo e ascoltando – Una idea folle e gravissima che offende tutti noi, le nostre radici e la nostra cultura – Siamo fieri del rispetto delle nostre radici cristiane, l’Europa è basata su questo. Non è un caso che l’Italia abbia scelto la Badia Fiesolana come sede dell’Istituto universitario europeo – Ovvero luogo dove un tempo sorgeva la chiesa principale di Fiesole e dove la tradizione vuole che sia sepolto San Romolo, il primo vescovo martire che ha portato il cristianesimo nella cittadella etrusca.
Si potrebbe continuare. Osservo che peraltro le giuste critiche provengono quasi tutte da un polo politico, mentre quasi assenti sono le reazioni da quello contrapposto (purtroppo non me ne sorprendo più). Invito infine a leggere una bella riflessione del prof. Givone (vedi) per il quale “il Natale non è solo una favola. Si sfumano tutti i significati per ‘cancellare’ una cultura, per eliminare qualcosa di ben preciso. Questa non è inclusione, è l’esatto opposto: è esclusione”.
Infine, ricordo che per Romano Guardini, l’Europa -e aggiungo anche con la sua università -dovrebbe concepire se stessa ricorrendo al senso aristotelico del termine, come una “entelechia”, cioè un’entità che coincide e si identifica con il proprio destino, cioè in sé orientata, destinata dalle sue origini, dalla storia, dalla cultura, dalla spiritualità che ha sviluppato nella sua millenaria vicenda ad essere un punto di riferimento, un faro di civiltà e di pace. E segnalo che alla Badia Fiesolana operava Ernesto Balducci per il quale si debbono sempre superare ragioni unilaterali che alimentano il conflitto e accogliere la ragione comune su cui basare la fraterna convivenza. A tacere dell’insegnamento di Francesco sulla fratellanza umana. Non è confondendo tutto in una indistinta melassa che si cresce, ma la pluralità deve sempre essere rispettata come ricchezza. Ciascuno ha diritto ad una autonoma presenza e ad una responsabilità di incontro. Solo con sponde ben identificabili e robuste si possono costruire i ponti della pace cari al professor La Pira.