di Andrea Drigani · Il «Dictatus Papae» è un elenco di 27 proposizioni che fu reperito nell’epistolario di Gregorio VII, Ildebrando di Soana, nato nel 1020, che fu Vescovo di Roma dal 1073 al 1085 (vedi).
Alla proposizione XXIII si legge : «Quod Romanus pontifex , si canonice fuit ordinatus, meritis beati Petri indubitanter efficitur sanctus testante sancto Ennodio Papiensis episcopo ei multis sanctis patribus faventibus, sicut in decretis beati Symachi papae continetur» («Che il Pontefice Romano eletto canonicamente è senza dubbio alcuno santificato in virtù dei meriti di San Pietro,, secondo quanto detto da Sant’Ennodio, vescovo di Pavia, confermato da molti santi padri che lo hanno sostenuto, secondo i decreti di San Simmaco papa».
E’ da notare che al tempo di Gregorio VII le regole circa le canonizzazioni erano assai diverse da quelle di oggi; le canonizzazioni, infatti, erano di competenza dei vescovi diocesani e non era prevista alcuna indagine, ma si faceva riferimento alla fama di santità presente nel popolo. Successivamente viene introdotta la riserva papale del diritto di canonizzazione, come pure l’obbligo della previa e necessaria «inquisitio» sulle virtù cristiane della persona che si desiderava portare agli onori degli altari.
Gregorio VII, nella predetta proposizione XXIII, intendeva la santità nella sua accezione di natura teologale, di derivazione battesimale, come fedeltà ed imitazione di Cristo.
Questi richiami mi sono venuti alla mente anche leggendo alcune considerazioni che Giovanni Maria Vian, direttore emerito de «L’osservatore romano», ha scritto recensendo un film, quello sul caso Mortara, rilevando che tale vicenda pur con tutta la sua complessità «conferma l’inopportunità di far salire all’onore degli altari i papi, anche al di là di eventuali grandezze e meriti personali».
Non mi voglio addentrare nella valutazione di opportunità circa le singole canonizzazioni dei pontefici, specialmente negli ultimi cento anni, osservo, tuttavia alcune rilevanti diversità.
Vi è stata, ad esempio, la beatificazione di Pio IX, ma non di Leone XIII, la canonizzazione di Pio X, ma non di Benedetto XV e di Pio XI.
Queste differenze potrebbero cagionare delle perplessità all’interno del popolo cristiano fin quasi a domandarsi, in modo insipiente ma possibile, se il magistero di un papa non proclamato beato o santo sia da ritenersi inferiore a quello che invece è beato o santo.
In effetti il Romano Pontefice, per il suo ufficio, si colloca in un ruolo assolutamente primaziale rispetto agli altri fedeli: chierici, laici, religiosi; un ufficio, quello del Romano Pontefice, che viene legittimamente esercitato a prescindere dalla persona che «durante munere» lo esercita.
Penso che la proposizione XXIII del «Dictatus Papae» di Gregorio VII sia ancora da meditare attentamente.