Enrico Mattei: partigiano cristiano e imprenditore di Stato.
di Giovanni Pallanti · Nel 1953, settanta anni fa, sulle fondamenta dell’Agip, Enrico Mattei fondò l’Eni (Ente nazionale idrocarburi). Per nove anni Enrico Mattei fu il vero ministro degli Esteri dell’Italia resuscitata dalle rovine della Seconda guerra mondiale. L’Eni diventò il grande serbatoio delo gas e del petrolio necessario per l’industrializzazione dell’Italia e per cambiare radicalmente le condizioni di vita delle famiglie italiane, che smettendo di usare il carbone e la legna, usavano per cucinare e riscaldarsi il gas metano. Ma chi era Enrico Mattei? Nato il 29 aprile 1906 ad Acqualagna in provincia di Pesaro, da Angela Calvani e dal brigadiere dei carabinieri Antonio, divenuto maresciallo quest’ultimo, per il clamoroso arresto, di cui fu protagonista, del brigante Musolino. Per cui ottenne anche un importante decorazione. Trasferitosi a Matelica il giovane Enrico fece le scuole elementari e poi la scuola tecnica inferiore. Le ristrettezze economiche della famiglia, lo costrinsero a lavorare, prima come verniciatore, e poi, nel 1923, come garzone alla conceria Fiore.
La carriera di Mattei, in questa azienda chimica, fu rapida: prima operaio, poi aiutante tecnico, infine a soli 20 anni, direttore del laboratorio chimico della conceria. Trasferitosi a Milano nel 1929, per la grande crisi economica la conceria chiuse. Mattei aprì nella grande città lombarda, con la sorella e il fratello, un laboratorio di emulsionanti per l’industria conciaria e tessile. Nel 1934 fondò l’Industria chimica lombarda, nella periferia industriale di Milano.
Ma come fece Mattei a diventare quel grande personaggio internazionale che, contrastando le grandi società petrolifere inglesi e americane, riuscì prima a salvare l’Agip e poi a fondare l’Eni?
Il figlio del maresciallo dei carabinieri, rampante e vocato alla imprenditoria industriale, incontrò nel maggio del 1943, Giuseppe Spataro che, insieme ad Alcide De Gasperi, stava fondando la Democrazia Cristiana come partito popolare, antitotalitario e quindi antifascista. L’incontro fu decisivo. Spataro fece indicare alla Dc il giovane trentasettenne Enrico Mattei, come vice comandante generale del Corpo Volontari della Libertà. Il comando del CVL, che raggruppava tutte le formazioni partigiane combattenti contro le truppe nazifasciste, era così composto: comandante generale Raffaele Cadorna (poi senatore della Dc), vicecomandanti generali Enrico Mattei per la Dc, Luigi Longo per il Partito comunista, e Ferruccio Parri, poi presidente del Consiglio dei ministri, per il partito d’Azione.
Da qui la nascita politica e intellettuale di Enrico Mattei, che nominato commissario per la liquidazione dell’Industria italiana degli idrocarburi (Agip) forte della sua esperienza partigiana, la potè salvare e rilanciare, fondando l’Eni. Con l’Eni cominciò a cercare il petrolio e il gas nella pianura padana e, soprattutto, nei Paesi produttori come l’Algeria e l’Iran, offrendo condizioni di parità, dividendo il valore del petrolio estratto al 50 per cento fra l’Eni e i governi che detenevano la materia prima. In questo modo garantiva gli approvigionamenti di petrolio e dei suoi derivati, e del metano all’Italia, dando ai Paesi produttori un guadagno maggiore del 20 per cento rispetto a quanto veniva pagato agli stessi dalle società petrolifere inglesi e americane.
Insieme a Giorgio La Pira, Enrico Mattei, già deputato al Parlamento per la Dc, si adoperò in ogni modo per l’indipendenza dell’Algeria, stringendo forti legami finanziari con il Fronte nazionale di liberazione algerino. Tutto questo gli costò la morte, per un attentato, nel cielo di Bascapé il 27 ottobre del 1962. L’impero democratico e progressista di Enrico Mattei, durò solo nove anni. E’ difficile pensare che qualcuno possa prendere, in qualche modo, il suo posto: egli era un democristiano antifascista e riformatore. Alleato di chi si batteva, in quel periodo storico, per l’indipendenza e la libertà dei popoli.
Oggi, come lui, un personaggio frutto della Resistenza italiana al Nazifascismo non c’è più.