Dio contro l’uomo? Spunti da un libro sempre attuale

Sappiamo bene che l’umanesimo occidentale a cavaliere tra il ‘300 e il ‘400 si propone in maniera programmatica come recupero dell’antico, in faccia a quella che veniva percepita come la degenerazione medievale. Ebbe facile gioco la storiografia (in specie quella ottocentesca, positivistica e razionalistica) ad affermare che costitutivamente l’umanesimo si poneva in polemica contraddizione anche con la visione religiosa dell’uomo medievale. Ossola nelle sue pagine introduttive ricorda pagine del De Sanctis che attraggono per la parola calcata e oratoria, tanto quanto per un senso di invincibile pregiudizio che si respira in ogni dove: pregiudizio per tutto ciò che sa di cattedrali e di dispute teologiche, di devozione e di riflessioni su ciò che trascende la natura umana.

Ma la conferenza di Jaeger tratta di Tommaso e del pensiero del XIII secolo e solo questo fatto è sufficiente a far capire che siamo nell’ambito di una stagione in cui pensiero antico e pensiero cristiano si volgono alla concordia. Prima di verificare in cosa consista questa concordia, ci volgiamo ad una rapida presentazione della struttura del libro.

Dopo le pagine introduttive, il primo capitolo è dedicato a «La visione del mondo secondo san Tommaso», dove tema predominante è la verifica di ciò che Tommaso eredita dal pensiero aristotelico e la sottolineatura della grande capacità del doctor angelicus di integrare questa antica sapienza filosofica nella Weltanschauung cristiana. Il secondo è intitolato a «Il “rinascimento” del XIII secolo» che – per quanto edulcorato dall’uso delle virgolette – reca con sé l’idea che non possano essere solo il XV e il XVI secolo a rivendicare la titolarità del concetto di “rinascimento”. Del resto, la conferenza di Jaeger viene a seguito di non molti anni dalla pubblicazione in lingua inglese del celeberrimo libro di Charles Homer Haskins: The Renaissance of the Twelfth Century (l’opera è del 1927), che riconduceva al secolo ancora precedente a quello della Scolastica la categoria di rinascimento. Infine, con l’ultimo capitolo «Le due forme di umanesimo» Jaeger riflette sulla questione che ha dato origine alla conferenza: se la parola umanesimo rechi con sé una pregiudiziale anti-teologica o se invece porti con sé un irrinunciabile riferimento alla divinità.

È in queste ultime pagine che Jaeger delinea con chiarezza che neanche il pensiero greco pensa la riflessione sulla natura umana e su ciò che è creaturale come alternativa ad ogni riflessione teologica. È la linea che da Socrate porta ad Aristotele, mediante Platone, quella che – sebbene a partire da differenti visioni sistematiche – si confronta e si contrappone ugualmente allo spirito sofista. Così chiude Jaeger: «Aristotele con il suo maestro Platone, rifiutò di essere un greco di tal natura [che crede che Dio sia al di sopra della conoscenza umana] e affermò un’idea dell’uomo nella quale è compreso il divino, mostrando la via per cui l’uomo mortale può giungere a partecipare della vita eterna» (p. 106).